Il caso
23.03.2024 - 16:30
Il collaboratore di giustizia Andrea Pradissitto ha parlato per oltre quattro ore nel processo Purosangue Ciarelli. Era collegato da un sito protetto. La sua deposizione ha spaziato su tutto: è partita dalla guerra criminale del 2010, fino alle alleanze del clan, alle estorsioni, ai contatti con i colletti bianchi. «Per il bene di mio figlio e mia moglie ho deciso di tagliare qualsiasi legame con la famiglia di appartenenza».
E' iniziata così la deposizione rispondendo alle domande del pm Valentina Giammaria. E' questa - ha rimarcato - la motivazione che ha spinto Pradissitto a collaborare nell'aprile del 2021. Di fronte al Collegio penale presieduto dal giudice Gianluca Soana, il pentito un tempo appartenente al clan Ciarelli, si è soffermato all'inizio su un momento storico: gennaio 2010. Dopo gli omicidi di Massimiliano Moro e Fabio Buonamano detto «Bistecca».
Racconta che in quei giorni è nata l'alleanza tra i Ciarelli e i Di Silvio. «Ci riunimmo in casa di Armando Di Silvio e decidemmo di unire le due famiglie in un unico clan per avere il controllo totale su Latina». Dopo una breve ricostruzione storica il pentito - rispondendo alle domande del pm - ha parlato degli imputati, partendo da Carmine Ciarelli. «Si occupava di usura ed estorsioni. In quel momento una delle vittime, si trattava di un imprenditore, era stato spolpato e parliamo di 200mila euro». Il collaboratore si è soffermato sul ruolo ricoperto dal suocero, Ferdinando Ciarelli detto Furt e dei contatti con i colletti bianchi. Ha raccontato di un episodio avvenuto a Fiumicino quando fu fermato dalla Guardia di Finanza con 200mila euro ma alla fine fu rilasciato. Come riportato in un verbale dell'inchiesta, Pradissitto ha spiegato che nel 2010 arrivarono persone dei Servizi segreti per una proposta: «in cambio della pistola con cui era stato ucciso Massimiliano Moro che serviva per creare false prove a carico di qualche altra persona, queste persone volevano avere informazioni da noi e mio suocero Furt avrebbe dovuto essere il loro referente come informatore».
Pradissitto ha ricordato di quando fu offerta da parte dei Ciarelli ospitalità ad alcuni latitanti siciliani e si è soffermato sulle minacce subite da un detenuto che si era indebitato con Pasquale Ciarelli per un importo di 30mila euro. Nella ricostruzione il collaboratore di giustizia ha ripercorso l'estorsione subita da un professionista di Latina anche lui detenuto in carcere all'epoca dei fatti. In quel caso ha offerto la protezione per 2mila euro. Questo è uno degli episodi contestati in un capo di imputazione del processo. Secondo quanto ipotizzato dagli investigatori era dal carcere che arrivavano le minacce indirizzate direttamente alle vittime tramite l'account Purosangue Ciarelli. La deposizione è finita pochi minuti prima delle 18. Riprenderà con il controesame del collegio difensivo il 24 maggio.
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