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Giudiziaria

Nessun colpevole per il fallimento della Italcraft

Dopo il crac da 11,4 milioni di euro la Procura aveva contestato l'inserimento nel bilancio della valutazione dei capannoni

Nessun colpevole per il fallimento della Italcraft

Non c'è nessun colpevole per il fallimento della Itacraft di Gaeta. Fu un crac importante sì, ma senza responsabilità di amministratori e controllori. Ieri pomeriggio, infatti, il giudice dell'udienza preliminare Giuseppe Molfese ha assolto perché il fatto non costituisce reato il commercialista Vincenzo Loreti, per il quale il pm aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi di reclusione, mentre è stato dichiarato il non luogo a procedere per l'imprenditore Gianfraco Rizzardi, considerato l'amministratore di fatto, per l'amministratrice legale Milvia Iundusi e per i commercialisti Sergio Gasbarra, Renzo Vecchi, Alberto Palliccia.
Il procedimento aveva preso il via dal fallimento della Italcraft srl dichiarato dal Tribunale di Latina il 26 giugno del 2013 e gli atti furono inviati alla Procura che, in seguito, aveva contestato a vario titolo agli imputati di aver inserito in bilancio un aumento dei beni patrimoniali dell'azienda per «nascondere» il debito effettivo. La difesa, rappresentata dagli avvocati Luca Giudetti, Riccardo Castelli, Renato Achidiacono e Angelo Fiore, ha sempre sostenuto che le valutazioni del patrimonio fondavano sulla legge in essere e in specie sul cosiddetto decreto SalvaItalia. Il capo di imputazione sosteneva che Gianfranco Rizzardi, quale amministratore di fatto, in concorso con Vincenzo Loreti, consulente contabile della srl che «aveva suggerito di effettuare la rivalutazione degli immobili, e con i sindaci effettivi Sergio Gasbarra e Alberto Palliccia, nonché con Renzo Vecchi, presidente del collegio dei revisori dei conti... concorrevano a cagionare il dissesto della Italcraft». Gli anni di riferimento del contestato dissesto erano quelli tra il 2009 e il 2013 per un totale di 11,4 milioni di euro.
Come si sa, a seguito del fallimento è iniziata la procedura di recupero dei crediti ed in tale contesto il sito produttivo è stato venduto ad un'altra società. L'area dei cantieri era stata affidata in concessione a febbraio del 2003 con atto della capitaneria di Porto e concessionaria era la società «Cantieri Navali del Golfo srl»; nel contratto era poi subentrata la Italcraft, nel 2005. La valutazione dei capannoni e l'inserimento del loro valore nei bilanci fu alla base delle contestazioni della Procura il cui perito aveva valutato illegale quel passaggio, volto appunto solo a rivalutare il patrimonio della società.
La curatela del fallimento, affidata al commercialista Salvatore Percuoco, era stata individuata quale parte offesa nel procedimento penale e si era costiuita parte civile per il tramite dell'avvocato Pandozi. Il procedimento Italcraft ha assunto particolare rilevanza anche perché due anni fa è stato inserito tra le procedure concorsuali sospette nella valutazione del Tribunale circa i consulenti da sostituire in relazione alle accuse che, però, ieri pomeriggio sono saltate.

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