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Palazzo Key, le motivazioni della confisca

Depositate dai giudici della Suprema Corte le motivazioni della sentenza. In Appello il reato di infedeltà patrimoniale era stato dichiarato prescritto

Palazzo Key, le motivazioni della confisca

I giudici della Corte di Cassazione hanno depositato le motivazioni della sentenza del processo Key che si è concluso. Il reato di infedeltà patrimoniale è prescritto, disposta la confisca definitiva del grattacielo di Largo Don Bosco nel centro di Latina. In 23 pagine il Presidente Giuseppe De Marzo e il relatore Francesco Cananzi ripercorrono tutta la vicenda: dalla sentenza di primo grado emessa dal Collegio Penale del Tribunale di Latina, (quando erano state emesse le condanne), al processo in Corte d’Appello del 20 dicembre del 2022 che si era concluso con un non doversi procedere per intervenuta prescrizione e con la confisca del bene. Tre mesi fa si era svolta l’udienza davanti la Suprema Corte e gli imputati - rappresentati dagli avvocati Luca Giudetti e Domenico Oropallo - avevano presentato il ricorso.

L’inchiesta sul grattacielo condotta dal pubblico ministero Luigia Spinelli e dalla Guardia di Finanza, riguardava la vendita simulata per aiutare la Falco Immobiliare, una società formatasi pochi giorni prima della compravendita. L’immobile - secondo quanto ricostruito - era stato ceduto dalla Key ad una cifra inferiore rispetto al valore di due milioni e mezzo di euro. Subito dopo la Falco aveva ceduto le quote ad una società in Lussemburgo. Era stato uno dei tre soci della Key a presentare una denuncia e a far scattare le indagini. Secondo i giudici della Corte di Cassazione il grattacielo Key rappresenta il diretto profitto del reato di infedeltà patrimoniale.

Nelle motivazioni viene presa in esame la sentenza Lucci delle Sezioni Unite del 26 giugno del 2015. «Il giudice nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione - hanno messo in rilievo i magistrati - può disporre la confisca del prezzo e la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto, rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio. L’immobile oggetto dell’atto di disposizione contestato ai ricorrenti si identifica oltre con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito - scrivono i giudici - ponendosi in linea anche con il prodotto del reato che rappresenta il risultato cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita.

Nel caso in esame certamente la sentenza di primo grado, confermata da quella impugnata - scrivono i magistrati - ha evidenziato una serie di condotte convergenti che non sono state censurate dall’appellante se non in modo generico cosicché la prova della consapevolezza e del dolo del progetto, teso a sottrarre l’immobile alla società e a trasferirlo nella propria disponibilità a basso costo, con indubbio profitto ingiusto da parte di entrambe i ricorrenti, si trae dalla concretezza delle condotte poste in essere». Dal 5 giugno del 2008 il Key è sotto sequestro.

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