Cerca

Il caso

Archivio dell’orrore, il pedofilo patteggia: un anno e 10 mesi

Accolta la richiesta della difesa. Pena sospesa, non menzione e torna in libertà. Imputato un insospettabile 50enne

Archivio dell’orrore, il pedofilo patteggia: un anno e 10 mesi

Ha patteggiato la pena ad un anno e dieci mesi con la sospensione ed è stato rimesso in libertà. Si è concluso - nelle scorse settimane - il processo che si è svolto a Roma nei confronti dell’uomo di 50 anni residente a Latina che lavorava nella mensa di un ente pubblico fuori dal capoluogo pontino. Era stato arrestato lo scorso febbraio nel corso di una operazione della Polizia Postale nell’ambito di un mirato servizio. E’ emerso che sia sul telefono cellulare che sul computer aveva migliaia di immagini dal contenuto pedopornografico. Era accusato di detenzione e diffusione ed era stata contestata l’aggravante dell’ingente quantità.

Era scattato l’arresto in flagranza di reato - come previsto in questi casi - ed era finito gli arresti domiciliari. Nel corso dell’interrogatorio di convalida davanti al gip del Tribunale di Latina Giuseppe Cario si era avvalso della facoltà di non rispondere. Dagli accertamenti - coordinati a Latina dal pm Valerio De Luca - è emerso che il 50enne aveva un vero e proprio archivio degli orrori con immagini raccapriccianti di minori che compivano atti sessuali. L’inchiesta in un secondo momento - come è previsto per questo genere di reati, - dal capoluogo pontino era passata alla Procura di Roma, dove era stata coordinata dal magistrato Eugenio Albamonte.

I video duravano oltre cinque ore. Il contenuto era stato condiviso con WhattsApp. Il via agli accertamenti a seguito degli accertamenti della National Center for Missing Exploited Children (Ncmec), un’organizzazione statunitense che cerca di monitorare e contrastare la diffusione in rete di materiale pedopornografico. Nel provvedimento emesso dal giudice, il magistrato aveva definito «allarmante» la condotta dell’uomo per la notevole quantità di materiale pedopornografico che presuppongono «perversione e riprovevolezza» aveva osservato il gip. Il giudice aveva sottolineato che alcuni frames delle immagini sono scioccanti. L’indagine era stata condotta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica del Lazio, in collaborazione con la Sezione Operativa di Latina. In tutto nel corso degli accertamenti la Polizia ha trovato oltre 200 filmati pari a quello che gli inquirenti hanno definito un «discreto quantitativo». Poche settimane fa a Roma il processo si è concluso.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione