Il fatto
15.01.2025 - 08:30
«Sono corsa dentro casa tentando di chiuderlo fuori, ma non ci sono riuscita. Ho urlato, ho cercato di allontanarlo. Mia sorella è uscita dal bagno. Lui l’ha presa. Le ha sparato. E’ salita mia madre. Ha preso anche lei. Ha sparato anche a lei mentre io correvo a chiudermi in bagno».
E’ stata un’udienza carica di tensione ed emozioni forti quella di ieri in Tribunale a Latina quando Desirée Amato è stata chiamata a raccontare quei minuti di terrore in cui il suo ragazzo, Christian Sodano, militare della Guardia di Finanza, ha sparato e ucciso la madre e la sorella minore della ragazza. Desirée ha testimoniato dietro un paravento. Lo aveva chiesto per non incrociare lo sguardo con l’assassino. Momenti di tensione si sono registrati in apertura quando la difesa ha chiesto che l’imputato assistesse non nella “gabbia”, ma seduto accanto ai suoi legali: la ragazza ha temuto che questo potesse permettergli di incrociare il suo sguardo.
Con la voce rotta dal dolore e dal pianto, nonostante le lacrime, la ragazza ha raccontato quei terrificanti momenti. Ha ricostruito quelle 20 ore tra il 12 ed il 13 febbraio scorsi. Dalla sera prima quando Sodano «che aveva capito in fondo che volevo lasciarlo» le propose di uscire a mangiare una pizza.
«Gli ho detto di no, di entrare in casa. Volevo lasciarlo, ci avevo provato anche a novembre, poi ho detto vediamo come va. Non potevo fare niente. Dopo i primi due mesi senza problemi, ha cominciato a starmi sempre addosso». Ha raccontato come Christian col passare delle settimane divenisse sempre più assillante. Ma è quando ha descritto i secondi intercorsi tra la discussione e gli spari che il racconto si è fatto agghiacciante. Dopo aver sparato alla sorella Reneé e alla madre Nicoletta, Sodano ha preso a calci la porta del bagno, «mi gridava di uscire».
Lei alla fine è uscita, «sono passata dal buco che aveva fatto nella parte bassa della porta. Sono corsa in camera. Lui mi è venuto dietro, ha messo la pistola sul letto. Mi ha detto adesso devi spararmi tu. Io volevo uscire dalla finestra, alla fine sono uscita dalla porta. Ho visto che mia sorella si muoveva ancora, ho detto a lui: chiama qualcuno. Sono uscita». Sodano è tornato in camera a prendere la pistola e ha inseguito la ragazza all’esterno che però nel frattempo si era nascosta nella legnaia. «Gridava De’, De’ vieni qui. Dal capanno ho sentito gli altri due colpi» quelli con cui Sodano ha freddato la ragazza e forse anche la madre che probabilmente erano agonizzanti. «Ho scavalcato la rete, sono corsa verso il benzinaio, ho chiesto aiuto e lì è arrivato anche mio padre. Per caso si era fermato a fare rifornimento».
Voce rotta dal dolore anche per il padre di Desirée, Giuseppe, seduto al banco dei testimoni dopo la figlia. Ha ammesso che la famiglia credeva che Sodano fosse un bravo ragazzo, che era entrato nella loro famiglia.
Ha ricostruito in lacrime quella mattina quando si è svegliato alle 4 per andare prima al Mof e poi al mercato: «Sono passato davanti alla camera di Renée, la luce era accesa, gliel’ho spenta. In camera di Desirée non c’era nessuno, ho visto che era sul divano con lui».
Era la prima volta, in sei mesi, che Sodano dormiva in quella casa. Il padre non voleva, «ma alle 4 di notte che potevo dirgli? Sono uscito». Sodano era stato accolto come un figlio, in special modo dalla madre della sua ragazza, Nicoletta Zomparelli. Si confidava con lei e lei spesso cercava di gettare acqua sul fuoco quando c’era qualche lite. Lei, la madre, non aveva capito chi fosse, «io avevo capito bene chi era» ha infatti ammesso Desirée, «per questo volevo lasciarlo, sin dal novembre quando dopo una lite minacciò di farmi del male, a me alla mia famiglia, alla mia amica. Ma non potevo essere mai esplicita, avevo timore delle sue reazioni, quella sera del 12 però avevo deciso...».
L’udienza è stata aggiornata al 18 febbraio. Dopo l’escussione degli ultimi testi del Pm, è previsto l’esame dell’imputato.
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