Gli interessi
13.02.2025 - 07:30
L’ala imprenditoriale della mafia apriliana aveva investito anche nella ristorazione, mettendo le mani su un marchio storico del lido di Latina, quello del locale “Giovannino a Mare” di Foce Verde, sequestrato su mandato del Tribunale di Roma e finito sotto la gestione di un amministratore giudiziario.
Gli approfondimenti investigativi avviati parallelamente dalla stessa Dia, dai Carabinieri e dalla Polizia, hanno consentito di verificare che il ristorante era dal 2019 sotto il controllo del latinense Antonio Fusco detto Marcello, tramite una serie di persone di fiducia con ruoli chiave nelle società coinvolte, col supporto iniziale di Marco Antolini. Quest’ultimo è stato arrestato nell’ambito dell’appendice investigativa che ieri ha portato all’esecuzione di altre otto misure cautelari, inserito in precedenza nell’inchiesta madre “Assedio” con un ruolo di primo piano nella costituzione come nella gestione dell’associazione mafiosa autoctona apriliana.
Invece il primo ieri è stato risparmiato dai nuovi arresti, ma nell’operazione di luglio era finito ai domiciliari, per un caso di usura, proprio per la sua contiguità ai boss del nord della provincia: nel caso del ristorante alla marina entrambi sono ora indagati, insieme a tre donne che si sono alternate nella conduzione di una società satellite, per il reato di fittizia intestazione delle attività commerciali con l’aggravante di avere agevolato l’associazione mafiosa. Le società coinvolte sono state sequestrate, ma quella che controlla il ristorante è stata continuerà a portare avanti la gestione sotto il controllo dello Stato.
L’indagine sul controllo occulto di Giovannino a Mare, coordinata dai pubblici ministeri Luigia Spinelli e Francesco Cascini della Dda di Roma, è nata a cavallo degli arresti dell’operazione “Assedio” di inizio luglio, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo del tenente colonnello Antonio De Lise e i poliziotti della Squadra Mobile del primo dirigente Guglielmo Battisti hanno deciso di verificare la gestione del ristorante, essendo a conoscenza del fatto che era frequentato assiduamente da Antonio Fusco detto Marcello, riconosciuto da molti nel capoluogo come il reale titolare del locale.
E non solo era identificato tra i soggetti contigui alla mafia apriliana, ma era ritenuto anche come un personaggio di un certo spessore, perché sebbene fosse reduce dall’assoluzione nell’inchiesta Alba Pontina, comunque era emerso che avesse avuto l’ardire di affrontare a muso duro gli affiliati del sodalizio mafioso della famiglia di Armando Di Silvio detto Lallà per difendere un ristoratore suo amico da un’estorsione.
Gli investigatori di Polizia e Carabinieri hanno scoperto che proprio Marcello Fusco, col sostegno iniziale di Marco Antolini, era entrato nella gestione di Giovannino attraverso la società Plastic srl con sede ad Aprilia, che assumeva i dipendenti del ristorante per poi fornire al locale la forza lavoro. I due imprenditori in odore di mafia erano riusciti a spuntare un accordo con l’erede della famiglia che aveva fondato l’attività, figlio e nipote delle effettive titolari del ristorante (morto prematuramente a giugno), a quanto pare senza riconoscere loro un canone, limitandosi a impiegare l’uomo, e per un certo periodo la madre, con mansioni di cuochi.
Tra i ranghi della società principale del ristorante, nell’aprile del 2019, l’inizio della gestione “apriliana” era stata sancita dall’ingresso della cognata di Antolini con una procura per il compimento di atti di gestione. L’altra società è stata amministrata nel tempo da tre diverse donne, tutte prestanome di Antolini e Fusco, quest’ultimo dipendente stesso della Plastic. Materialmente il ristorante era gestito da una donna di fiducia di Fusco, anch’essa dipendente della srl apriliana. Secondo gli inquirenti avevano investito 200.000 euro nel locale e ne potevano trarre dei benefici.
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