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Il caso

Assedio 2, 140 anni di carcere

Ieri dal Gup 22 condanne con rito abbreviato per una parte degli indagati nell’inchiesta sui rapporti tra mafie romane e apriliana

Assedio 2, 140 anni di carcere

Avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, ieri 22 degli indagati nell’inchiesta dalla Direzione distrettuale antimafia romana sui rapporti tra i clan romani, quelli del litorale e quello di Aprilia che faceva capo a Sergio Gangemi e Patrizio Forniti, sono stati condannati a pene che raggiungono i 140 anni di reclusione. Allo stesso tempo altri 26 indagati sono invece stati rinviati a giudizio e saranno processati con il rito ordinario.

Gli arresti
Si tratta di una operazione partita nel 2018, proprio parallela se non una costola vera e propria, dell’inchiesta che ha portato a decine di arresti anche ad Aprilia, compreso il sindaco Lanfranco Principi, e che ha portato alla luce presunti rapporti tra mafia, imprenditori e politica. In questo filone però, gli inquirenti si sono incentrati sui rapporti che diversi clan tessevano da anni.
La Dda infatti si è concentrata su due organizzazioni criminali accusate di fare affari illeciti e, soprattutto, di riciclare il denaro sporco tramite società di comodo e prestanome, investendo in una serie di settori molto diversi: si va infatti dal cinema all’edilizia, dal commercio di auto a quello dei carburanti fino ai trasporti e alla logistica.

Nel luglio del 2024, a pochi giorni dall’operazione che ha travolto Aprilia, oggi guidata da una commissione dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, vennero eseguite 18 ordinanze cautelari (16 in carcere e 2 ai domiciliari) tra i cui destinatari vi erano Vincenzo Senese, dell’omonimo clan (rinviato a giudizio), Antonio Nicoletti, figlio del cassiere della Banda della Magliana (8 anni di reclusione). Alcuni dei nomi degli arrestati, nel territorio apriliano potrebbero non essere nemmeno noti, ma a Roma e negli ambienti criminali sono figure di spicco: Pasquale Lombardi ritenuto un esponente di spicco tra Pomezia e Roma, Alberto Coppola, Umberto e Salvatore D’Amico, Stefano De Angelis, Tiziano Gabriele, Umberto Luogno.
C’è anche il braccio destro di Massimo Carminati, alias Diabolik, Roberto Macori, Salvatore e Giovanni Pezzella, Andrea Salsiccia, Alessandro Savioli, Andrea Seri.

Ai domiciliari finirono Angelo Calculli (manager di Achille Lauro fino al 2022 e di Joe Bastianich) e Piero Monti.
C’è però un nome che a Latina in particolare, è piuttosto noto ed è tra l’altro, quello che ha ricevuto la condanna più pesante, 14 anni di reclusione, Daniele Muscariello, già produttore cinematografico, indicato dal Gip tra gli organizzatori della politica economico-criminale dell’associazione, che nel 2017 venne nominato club manager del Latina Calcio.
Le accuse
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere con l’aggravante mafiosa, estorsione, usura, detenzione di armi, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti in attività economiche. Il tutto con l’obiettivo di favorire clan camorristici e cosche della ’ndrangheta.

I legami con Aprilia
Due nomi: Sergio Gangemi e Patrizio Forniti. Oltre ad un episodio di cronaca, un omicidio avvenuto ad Aprilia che sebbene non di grande interesse investigativo in sé, è finito in diverse intercettazioni telefoniche. E’ infatti il potere economico di Gangemi, capace di movimentare milioni di euro ad attirare i clan romani. Boss di alta caratura che finiscono per entrare in affari con Gangemi, o meglio, finiscono per presentargli imprenditori in difficoltà da assoggettare col potere dei soldi e dei prestiti a strozzo. Già il padre di Sergio Gangemi per gli inquirenti, aveva avuto rapporti con i Nicoletti avviando quella che diverrà una duratura collaborazione.

Le indagini hanno anche permesso di osservare come i clan, forti delle diverse esperienze, abbiano ad un certo momento deciso di investire in attività diverse dalle solite, la più redditizia fu quella dei carburanti. E se servivano soldi da Roma sapevano che ad Aprilia e Latina c’era Gangemi a cui Lombardi aveva aperto le porte della Capitale.

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