La lettera
15.09.2025 - 08:15
Federico Salvagni
Un mese fa Federico Salvagni, 16 anni, di Latina, studente dell’Itis Marconi veniva investito e ucciso da un’auto pirata, una Lancia Ypsilon condotta da Gioacchino Sacco, 49 anni di Aquino. Il pirata della strada era stato arrestato poche ore dopo per omicidio stradale e omissione di soccorso. Quella notte sulla strada che collega San Felice Circeo e Terracina, insieme a Federico c’era il fratello gemello Daniele e un suo carissimo amico Leonardo che ha deciso per la prima volta di scrivere e parlare di Federico. Stavano tornando a casa a piedi in un residence e all’improvviso un dramma crudele. La morte di Federico è una ferita. I genitori del 16enne chiedono giustizia, nei giorni scorsi quando a Roma si è svolta l’udienza al Tribunale del Riesame hanno organizzato un sit in di protesta. C’erano più di cento persone. I magistrati hanno lasciato in carcere Sacco sulla scorta delle gravissime condotte di cui si è reso responsabile, dei suoi precedenti penali. Era alla guida dell’auto senza assicurazione e senza revisione e con la patente revocata. Ha travolto Federico e non si è fermato andando dritto: nove minuti dopo una telecamera lo ha ripreso mentre scendeva dall’auto in un parcheggio di un supermercato.
In questi giorni di grande dolore e commozione per la prima volta a scrivere è l’amico di Federico che quella notte era lì. E’ ancora scosso dalla gravissima perdita e in queste righe traspare l’affetto di Leonardo per il suo amico. «Ciao Fede, oggi è già un mese che non ci sei più, e la tua assenza si fa sentire ogni giorno. Penso a quando anche solo due giorni senza vederti sembravano infiniti... ora che non ci sei, tutto sembra più vuoto. Ti conoscevo da 12 anni, e in tutto quel tempo sei stato una parte fondamentale della mia vita. Uno degli ultimi messaggi che mi avevi scritto diceva che, oltre a Daniele ero l’unica persona che i tuoi figli avrebbero chiamato zio. Rileggerlo mi ha fatto crollare: non potevo fare altro che piangere, perchè quelle parole raccontano il legame speciale che ci univa. A volte quando mi chiedono come sto rispondo solo “bene” non perchè sia vero, ma perchè - continua la lettera - la sofferenza ti insegna il silenzio, sorridi quando il tuo cuore dentro urla, fingi di non pensarci quando invece passi notti intere in cui ti sbricioli in mille pezzi. La verità è che andare avanti senza di te è difficile. Fingere che sia tutto normale lo è ancora di più, perchè il nostro rapporto non era una semplice amicizia. Ci chiamavano fratelli ma in realtà eravamo molto di più: io, te e Daniele eravamo una famiglia. Abbiamo condiviso tutto: scuola, pomeriggi, notti intere. E non contava solo il tempo insieme, ma il modo in cui ci sostenevamo sempre l’un l’altro. Tu eri il cuore di questa famiglia - continua la lettera - la forza che riusciva a tenerci uniti in ogni momento. E anche se non sei più qui fisicamente, io ti sento vicino. A volte nei ricordi, altre volte in quella sensazione inspiegabile che tu sia ancora accanto a me, come se vegliassi su di noi. E’ come se la tua presenza continuasse a guidarmi e a tenermi in piedi, proprio come facevi quando c’eri davvero. L’ho sempre detto e continuerà a dirlo: eri la persona più buona che abbia mai conosciuto, ti porterò con me per sempre, fratello non ti dimenticherò mai».
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