La ricorrenza
30.09.2025 - 14:00
Era il 29 settembre 1975 quando il tranquillo paesaggio della costa pontina fu scosso da un evento che avrebbe segnato indelebilmente la storia della provincia di Latina e dell’Italia intera. Due giovani romane, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, furono attirate con l’inganno nella villa di San Felice Circeo, proprietà di una famiglia benestante e già nota per la frequentazione di giovani appartenenti all’alta borghesia locale. Quella che iniziò come una serata apparentemente innocua si trasformò presto in un incubo che nessuno avrebbe potuto prevedere.
All’interno della villa, le due ragazze furono vittime di torture fisiche e psicologiche: violenze sessuali, sevizie e una brutalità inaudita che culminò con la morte di Rosaria Lopez. Donatella Colasanti riuscì a sopravvivere, fingendosi morta, e la sua testimonianza fu cruciale per ricostruire la dinamica di quei tragici eventi. Il terrore, la disperazione e la ferocia con cui furono trattate rimangono scolpiti nella memoria collettiva, non solo della provincia di Latina, ma di tutta l’Italia.
Gli autori di quella carneficina erano tre giovani: Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira. Tutti provenienti da famiglie agiate, avevano già mostrato comportamenti violenti e criminali. Le indagini e il processo furono lunghi e complessi, con il pubblico italiano che seguiva attonito ogni sviluppo. Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo, mentre Andrea Ghira, inizialmente latitante, fu condannato in contumacia e poi morto in Spagna negli anni ’90. Le condanne, pur non cancellando l’orrore, rappresentarono un primo passo verso la giustizia.
Il massacro del Circeo segnò anche un momento di riflessione per l’Italia. Tre giovani di buona famiglia avevano compiuto un crimine efferato, mettendo a confronto la società con le disuguaglianze, i privilegi e le debolezze del sistema giudiziario. Fu un evento che aprì un dibattito nazionale sulla violenza sessuale, sulle politiche di prevenzione e sul ruolo dello Stato nella tutela delle vittime. Ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, la vicenda è un monito potente sulla necessità di combattere la violenza sulle donne, anche nel nostro territorio.
Il legame con la provincia di Latina è indissolubile: il massacro avvenne a pochi chilometri dalla città, e il contesto locale contribuì a rendere la vicenda ancor più drammatica agli occhi dell’opinione pubblica. Negli anni successivi, numerose iniziative educative e culturali hanno cercato di mantenere viva la memoria di quell’evento, puntando sulla sensibilizzazione delle giovani generazioni e sull’educazione al rispetto reciproco.
Oggi, il 50° anniversario serve anche a riflettere sul fatto che la violenza di genere è ancora un problema concreto e urgente. Secondo dati recenti, nella provincia di Latina si registrano ogni anno centinaia di casi di violenze domestiche, abusi e stalking. La memoria di Rosaria e Donatella diventa così uno strumento per sensibilizzare, per ricordare che la prevenzione, l’educazione e le politiche di protezione delle donne sono più necessarie che mai.
In provincia di Latina, associazioni e istituzioni hanno attivato centri antiviolenza, sportelli di ascolto e progetti di formazione nelle scuole, con l’obiettivo di costruire una cultura del rispetto. Ma il percorso è ancora lungo: il messaggio che arriva dal massacro del Circeo è chiaro e doloroso, ma anche educativo: non possiamo abbassare la guardia, e la memoria storica deve guidare le azioni future.
Il 50° anniversario non è solo un ricordo di dolore, ma un’occasione per rinnovare l’impegno civile. Significa sostenere le vittime, educare le nuove generazioni, garantire sicurezza e prevenzione. Significa trasformare la memoria in azione, affinché il sacrificio di Rosaria Lopez e il coraggio di Donatella Colasanti diventino la base su cui costruire un futuro più sicuro e consapevole.
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