Il fatto
12.10.2025 - 10:30
Dopo l’ennesima aggressione, seppure verbale, consumata in pronto soccorso ai danni di un operatore ospedaliero, interviene il sindacato delle professioni sanitarie Coina e lo fa attraverso il segretario Alessandro Britolli per invocare interventi decisivi da parte delle istituzioni locali, Prefettura e Comune, affinché siano adottate misure in difesa di medici e infermieri. «Non basta più limitarsi a parole di solidarietà e dichiarazioni di circostanza - si legge nella nota trasmessa È necessario che le istituzioni competenti si assumano la responsabilità di garantire la sicurezza di chi lavora in prima linea, con misure concrete e immediate». Il Coina, acronimo di Coordinamento infermieristico autonomo suggerisce una serie di iniziative precise.
«Come organizzazione sindacale l’apertura di un tavolo di confronto al fine di poter verificare la fattibilità delle nostre proposte. Prima di tutto un presidio di polizia h24 o, in alternativa, almeno due unità di vigilanza armata nei pronto soccorso a rischio h24 anziché un operatore per tutto il presidio ospedaliero come avviene ora al Goretti». Il sindacato poi suggerisce di riservare l’accesso alle aree sensibili al solo personale attraverso pass magnetici. Poi campagne di sensibilizzazione rivolte all’utenza, sia attraverso i social media, che mediante l’installazione di cartellonistica all’interno dei presidi sanitari.
«Chiediamo poi tavoli permanenti di monitoraggio tra Prefettura, Asl e rappresentanze sindacali, con possibilità di interventi tempestivi in caso di escalation - precisa Britolli - E l’avvio immediato del protocollo “Stop alle Aggressioni”, con azioni visibili e di mobilitazione mirata se non saranno garantite condizioni minime di sicurezza». Ulteriori soluzioni potrebbero essere bodycam o tasto emergenza per gli operatori sanitari collegato con la Questura. «Le nostre colleghe e i nostri colleghi non possono essere lasciati soli - commenta il segretario del Coina - La sicurezza non è un premio, ma un diritto fondamentale. Se non si garantisce la sicurezza, si mette a rischio l’intero sistema di emergenza urgenza».
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