Il quadro che è emerso in aula ha ricostruito la giornata tipo di un bracciante agricolo straniero. La sveglia alle 4, il buio, il furgone che arriva, il portellone che si apre e via tutti dentro, quasi uno sopra l'altro. Su un pulmino che poteva contenere nove persone ci potevano essere anche quindici-diciotto persone, a loro non importava da certi punti di vista, il lavoro è lavoro e rinunciare a tutti quei soldi non aveva senso. «Si eravamo spesso tanti sui pulmini». Erano tre i punti di raccolta: uno a Latina, uno a Sezze e uno a Roccagorga. I mezzi poi partivano a seconda di dove c'era la richiesta di lavoro, poteva essere nelle campagne dell'Agro Pontino oppure anche in provincia di Roma. «Avevamo una mezz'ora di pausa», ha detto uno straniero nel corso dell'incidente probatorio avvenuto in Tribunale a Latina davanti al giudice Mario La Rosa quando sono comparsi sette lavoratori di cui cinque romeni che hanno risposto nel contraddittorio delle parti alle domande sia dell'accusa che della difesa. E' emerso anche che quando pioveva il lavoro si fermava e quindi non si andava in campagna a lavorare, quei giorni non venivano pagati e quindi non finivano nella busta paga. I lavoratori hanno anche riferito che alcuni avevano presentato domande di disoccupazione e che per molti l'interesse prioritario era solo uno: inviare i soldi a casa anche perché non c'erano alternative e non si trovavano altri lavori in giro. Gli stranieri hanno confermato gli elementi raccolti dagli investigatori in fase di indagini preliminari a partire ad esempio dalle condizioni in cui lavoravano.