Il processo a carico di Sergio Gangemi per estorsione, usura e tentato omicidio con il metodo mafioso non seguirà lo stesso percorso di quello del fratello e degli altri due soggetti con cui era stato arrestato, ma si chiuderà a breve. Gangemi ha infatti rinunciato alla lista dei suoi testimoni, ha proposto un risarcimento alle parti lese sperando in una eventuale mitigazione della pena. Se l'imprenditore vittima degli attentati ha accettato 300mila euro di ristoro, il Comune di Aprilia e quello di Pomezia hanno rigettato ogni possibile accordo. A metà dicembre parola alla difesa. Un altro processo, sempre a carico di Gangemi, si sta celebrato a Latina per il prestito a un commerciante con interessi al 400%.

In Tribunale
Estorsione milionaria a colpi di pistola e di fucile d'assalto, il pubblico ministero ha chiesto 14 anni di reclusione e l'applicazione di una multa di tremila euro per Sergio Gangemi, imputato per usura, estorsione, tentato omicidio con l'aggravante del metodo mafioso.
Un'udienza lunga e insidiosa quella di ieri mattina davanti al collegio del Tribunale di Velletri dove si arrivava per la requisitoria della pubblica accusa e le conclusioni delle parti civili.
Come si sa, Gangemi, al fine di ottenere una riduzione della pena, ha risarcito al vittima - solo uno dei due imprenditori oggi è parte lesa dato che l'altro, che viveva ad Aprilia, da tempo è fuggito all'estero e ha fatto perdere le proprie tracce - degli episodi contestati con una somma pari a trecentomila euro e aveva tentato di fare la stessa cosa con le altre due parti civili, ossia i Comuni di Aprilia e Pomezia che sono state ammesse nel processo per il danno subito dalle attività criminali dell'imprenditore cui, appena una settimana fa, la Finanza ha sequestrato beni per 10 milioni di euro considerati frutto di attività illecite.

I tassi d'usura del 400%
Come agisce un vero usuraio lo insegna il processo a carico di Sergio Gangemi e Vittorio Gavini, il primo ritenuto già un tipo senza scrupoli che quando può agisce con metodo mafioso, il secondo è suo prestanome in alcune delle società sequestrate dalla Dda di Roma la scorsa settimana. Ieri entrambi erano imputati per usura in danno di un imprenditore in stato di bisogno, al quale avevano prestato 200mila euro nel 2011 per poi pretendere interessi che hanno raggiunto il tasso del 474,50% su base annua. Ieri è stato sentito in aula il consulente tecnico, che ha confermato gli interessi usurari, e il finanziere che il 7 maggio del 2014 sequestrò diversi assegni e 80 cambiali nella cassaforte che si trovava nell'ufficio di Gavini, nello stesso complesso edilizio in cui viveva Sergio Gangemi. I due sono stati da sempre in affari insieme, tanto che Gavini risulta amministratore di società riferibili all'imprenditore originario di Reggio Calabria e trapiantato ad Aprilia. La specifica storia di usura, contestata nel processo che si tiene davanti al Tribunale di Latina, comincia a febbraio del 2011 quando appunto, viene concesso un prestito di 200mila euro ad un imprenditore, tramite bonifico bancario, con promessa di restituzione entro i successivi 42 giorni con due assegni bancari, uno da 200mila e uno da 30mila, quindi con applicazione di interessi usurari pari al 130,36% su base annua. Nove giorni dopo il prestito Vanini e Gangemi si fanno promettere dalla vittima la restituzione di complessivi 330mila euro alla scadenza di 50 giorni dalla data del prestito iniziale e chiedono per questo la consegna di ulteriori tre assegni dell'importo di 100mila euro ciascuno e cos' il tasso sale al 474,50%. Ma non era finita.