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Il processo

Strage di Cisterna, l'omicida Capasso e i dubbi sulla pistola d'ordinanza

L’arma restituita a Capasso nonostante un quadro clinico che richiedeva un maggiore approfondimento da parte dei medici

Strage di Cisterna, l'omicida Capasso e i dubbi sulla pistola d'ordinanza

Credeva che Antonietta fosse morta per mano sua e che quanto detto dai Carabinieri sul pianerottolo della porta della sua abitazione (cioè che era ancora in vita), fosse solo un escamotage per farlo desistere e uscire dall’appartamento. È l’istante che cambia la storia, con Luigi Capasso che imbocca una strada senza uscita; una terribile strada che porterà prima all’uccisione delle due figlie Alessia e Martina e poi dello stesso Carabiniere, che si ucciderà con la pistola di ordinanza, oggi punto focale di un processo che vede imputati il dottor Quintilio Facchini, medico di famiglia, e la dottoressa Chiara Verdone, medico militare - difesi dagli avvocati Orlando Mariani, Luciano Lazzari e Carlo Arnulfo - che entrambi devono rispondere dell’accusa di omicidio colposo per aver firmato quel nulla osta che ha permesso di ridare l’arma di ordinanza a Capasso, pochi mesi prima della strage. Ieri mattina è ripreso il processo in Tribunale: sono comparsi i quattro carabinieri tra i primi ad intervenire quel 28 febbraio del 2018 nella palazzina di Collina dei Pini.

I testimoni hanno ricostruito i fatti davanti al giudice Enrica Villani e ai pm Daria Monsurrò e Giuseppe Bontempo. Risposte che hanno permesso di ripercorrere quei momenti, facendo emergere il particolare che poteva cambiare tutto. Dopo aver sparato nel garage alla moglie, Capasso è salito nell’appartamento credendo di aver ucciso la donna che invece, era ancora viva. E quando i Carabinieri intervenuti per cercare di bloccare il collega gli hanno comunicato la verità, lui non ha creduto a quanto appena detto, decidendo invece di barricarsi in casa.

Oltre ai militari sono stati ascoltati i consulenti medico-legali che hanno condotto una valutazione sul quadro clinico di Capasso, dai cui è venuta alla luce una situazione che doveva essere approfondita con maggiore attenzione. Prima di ridare l’arma a Capasso bisognava vedere e verificare più a fondo la situazione a fronte delle diverse relazioni mediche che avevano fatto emergere sia un disturbo da stress, ma anche disturbo della personalità. Cambi repentini di umore e atteggiamenti prevaricatori nei confronti di Antonietta come raccontato anche da un’amica stretta di Antonietta; la donna ha riferito di aver ospitato Antonietta dopo l’aggressione di Capasso alla moglie, dopo che la donna aveva ricevuto un messaggio da un collega.

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