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Il caso

Il racconto di Soni: «Ho chiesto di chiamare i soccorsi, nessuno ha fatto nulla»

La vedova del bracciante era a poca distanza: «Dopo che è avvenuto l’incidente ho chiesto ad Antonello e agli altri di chiamare un’ambulanza. Lui diceva “E’ morto, è morto”

Satnam Singh, permesso di soggiorno speciale alla moglie Soni

Soni adesso è in una località protetta. E’ lontana dai riflettori, dalle richieste che le sono arrivate in questi giorni: interviste, incontri. Da quando le è cambiata la vita e sta affrontando il dolore cerca una cosa che sembra impossibile: la tranquillità. Il trauma di aver perso il marito e aver assistito alla sua fine atroce accompagnandolo nelle ultime ore di vita è impresso nel suo racconto e nelle dichiarazioni rilasciate agli investigatori per ricostruire i fatti e accertare le responsabilità.
Come riportato nelle carte dell’inchiesta Soni viene ascoltata il 17 giugno nell’immediatezza dei fatti. Il marito non è morto. E’ ricoverato in gravissime condizioni al San Camillo di Roma. Lei si aggrappa alla speranza.
L’alba, la bici e i campi
Il racconto di quel giorno parte dall’alba e da una sella: sono le 5,30, lei e il marito salgono in bicicletta e raggiungono via del Passo, è una strada che conoscono. Non hanno bisogno di indicazioni. Vanno al lavoro, prendono sei euro all’ora - spiega Soni agli inquirenti - per otto-nove ore al giorno con la pausa pranzo. Sono le 4 di pomeriggio quando avviene l’incidente: «Mio marito dava assistenza ad Antonello che si trovava alla guida del trattore a cui era agganciato il materiale avvolgi plastica a rullo a pochi metri distante da me. Antonello dava indicazioni a mio marito delle operazioni che avrebbe dovuto svolgere. All’improvviso ho udito Antonello urlare: “E’ morto, è morto” mentre mio marito si trovava a terra con l’arto superiore destro tranciato».
Un film dell’orrore
Nessuno crede a quello che sta accadendo: «Nell’immediatezza ho chiesto ad Antonello di chiamare i soccorsi ma continuava a dire le frasi “E’ morto”. Solo dopo aver insistito ad una mia richiesta Antonello ha preso un furgone bianco, ha caricato mio marito riponendo l’arto staccato in una cassetta di plastica per accompagnarci a casa. Antonello ha preso mio marito e lo ha messo all’ingresso del nostro appartamento e si allontanato velocemente. Subito dopo mi sono resa conto che i cellulari di mio marito e il mio erano rimasti nel furgone».
Al buio tra le cassette
Ad una precisa domanda degli investigatori se Antonello si sia adoperato per chiamare i soccorsi la risposta di Soni è secca: «No». Alcuni giorni dopo, quando Satnam è morto, viene ascoltata e le integrazioni delle dichiarazioni rappresentano un ulteriore tassello investigativo: «Ho subito chiesto a tutti di chiamare un’ ambulanza mentre Antonello continuava ad urlare è morto». Oltre ad Antonello erano presenti altre due persone: una donna italiana regolarmente assunta e un’altra persona. «Nessuno ha fatto nulla. In quella circostanza chiedevo di chiamare i soccorsi, continuavo a chiedere a Gora supplicandolo “Ti prego tu sei mio fratello aiutami”, ma anche lui non ha fatto nulla. Sono sicura che mio marito era vivo, l’ho visto respirare, erano tutti pietrificati, immobili. Antonello ha continuato a dire “E’ morto” è andato a prendere il furgone. Visto che Antonello aveva caricato mio marito sul furgone - racconta Soni - sono salita anche io nonostante fosse pieno di cassette di plastica vuote. Specifico che Antonello ha messo mio marito nella parte posteriore del furgone, chiudendo gli sportelli, sono rimasta con lui al buio ed è partito velocemente facendo cadere le cassette su di noi. Non saprei dire se ci fosse qualcuno nella parte anteriore oltre ad Antonello che lo guidava. Sono stati attimi di panico, chiedevo anzi urlavo nella mia lingua di fermarsi per chiamare un’ ambulanza. Non saprei dire se il furgone abbia fatto delle soste. Continuavo a stare accanto a mio marito e a dire di fermarsi e chiamare i soccorsi».
Dopo che il furgone è arrivato in via Genova 13 a Borgo Bainsizza, Soni scende. «Antonello è entrato all’interno del cortile della nostra casa e ha lasciato mio marito, io scendevo e chiedevo di chiamare qualcuno, Antonello è tornato per prendere sul furgone il braccio di mio marito che ha riposto in una cassetta della frutta vicino ai contenitori della spazzatura per poi scappare immediatamente. Non ho visto altre persone scendere oltre ad Antonello».
I telefoni spariti
Soni racconta anche dei due cellulari, del suo e di quello di Satnam: «Non so dove sia il mio cellulare, posso dire che quando ha preso mio marito per caricarlo sul furgone ha preso sicuramente anche un telefono cellulare che ha gettato nel furgone». Sono le 16,20, Soni urla in indiano e in inglese con tutta la forza che le resta: «Ambulanza» ripete. I vicini di casa chiamano i soccorsi. E’ una corsa contro il tempo per salvare Satnam che ha perso tanto sangue, due giorni dopo muore.

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