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Il ricordo

Fulco Pratesi, quel giorno a Pantanello

La morte del grande ambientalista lascia un vuoto anche tra i membri della Fondazione Caetani. Le parole commosse del Presidente Massimo Amodio: «È stato un punto di riferimento per tutti noi»

Addio a Fulco Pratesi, il ricordo del presidente della Fondazione Caetani

La morte di Fulco Pratesi, fondatore del Wwf Italia ed esempio vivente di ecologismo attivo, tocca profondamente tutti. Aveva 90 anni, e fin da bambino si era impegnato nel rispetto della natura, per ciò che l’umanità non deve né distruggere né alterare.
“È stato uno straordinario divulgatore e il suo esempio rimarrà per sempre”, afferma l’Associazione ambientalista mentre abbraccia con commozione i figli di Fulco - Isabella, Carlo Alberto, Francesco e Olympia - nonché tutti i suoi nipoti, e ricorda l’orgoglio del padre fondatore per le oltre 100 Oasi Wwf che conosceva una per una.
Lo piange anche la Fondazione Roffredo Caetani nell’ambito della quale Pratesi è stato a lungo consigliere, innamorato di Ninfa e del sogno di rinaturalizzare l’area intorno al Giardino che porterà poi alla nascita del Parco di Pantanello: era il 1991 quando con Arturo Osio, allora Presidente della Fondazione Caetani, e Lauro Marchetti, Direttore del Giardino di Ninfa, si recò fuori dalla cinta muraria dell’antica città e alla vista di un anonimo campo di erba medica, con pochissimi alberi, domandò che cosa ci fosse prima. Acquitrini e tanto verde, fu la risposta. In quel momento Fulco immaginò di riconsegnare alla natura selvaggia un territorio trasformato fortemente dall’uomo.
A poche ora dalla notizia della sua morte, abbiamo avvicinato l’attuale Presidente della Fondazione Roffredo Caetani, Massimo Amodio, che con commozione ha accettato di condividere il suo personale ricordo di questo uomo che ha viaggiato nel mondo intero per documentare i suoi incontri con la natura.
«Fulco Pratesi è stato un punto di riferimento per tutti noi che ci siamo occupati di proteggere, conservare e condividere i valori della natura ambientale - ci dice Massimo Amodio -, e senza alcun dubbio è stato un padre nobile del movimento ambientalista italiano. Per quanto mi riguarda, il legame è duplice per la sua presenza all’interno della Fondazione sin dall’inizio, tra i primi consiglieri individuati direttamente da Donna Lelia e dal marito Hubert Haward. Ha quindi vissuto sin dalla nascita la vita della nostra istituzione, e condiviso i suoi valori con lo stesso signor Haward, altro padre nobile del movimento ambientalista. La sua scomparsa ci colpisce sotto vari punti di vista. Io personalmente ho avuto l’onore di conoscerlo più di 40 anni fa, nel contesto della mia attività personale di studio (geologo, ndr). È una figura che mi ha sempre ispirato, e ho a cuore sottolineare che la sua presenza all'interno della Fondazione inoltre è strettamente legata alla nascita del Parco di Pantanello, possiamo affermare con certezza anzi che la scintilla di questa idea nasce proprio dalla sua capacità visionaria. Fulco credeva molto nel futuro, anche se rimaneva legato alla tradizione. Era anche un grandissimo acquarellista, che amava molto comunicare attraverso i suoi disegni».
Un legame indissolubile. La Fondazione Caetani come intende omaggiarlo?
«Lo faremo sì. Un’idea molto bella potrebbe essere quella di raccogliere alcuni dei suoi acquerelli, anche se si tratta di opere intime e destinate agli amici più cari, e commemorarlo esponendoli. Ci vorrà un po’ di tempo, ma potrebbe essere questo un modo. Tenga conto che nel nostro Consiglio siedono tutte le più grandi associazioni ambientaliste, quindi ragioneremo insieme con gli amici per un tributo condiviso».
Erano anni che Fulco Pratesi non tornava a Ninfa ma sappiamo che aveva avuto il piacere di vedere il Parco di Pantanello nella piena maturità del progetto, vedere realizzato il suo sogno.
«L’ultima volta a Ninfa? Saranno trascorsi sei o sette anni ormai - ci dice ancora Amodio -, ma la distanza fisica non era un problema: lui spesso mi chiamava, chiedeva, si informava. Ricordo la sua preoccupazione per come negli ultimi anni il mondo della conservazione della natura non sempre ha avuto il giusto rilievo che merita, dimentichi che colpendo la natura colpiamo noi stessi, ma la sua capacità di combattimento, la voglia di opporsi a tutto ciò non sono mai mancate, fino alla fine».
Il suo ricordo più bello?
«Il sorriso nel suo sguardo quando abbiamo inaugurato sostanzialmente le aree umide di Pantanello facendovi scorrere dentro l’acqua. Non dimenticherò mai quei suoi occhi, la gioia che contenevano. Occhi che raccontavano una passione per la natura che non era soltanto un fatto intellettuale ma nasceva dal cuore. E al cuore ritornava».

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