Cerca

Il caso

Coltellate ai pub, regge l’accusa: due giovani restano in carcere

Il Riesame lascia inalterato l’impianto accusatorio e le esigenze cautelari per Manauzzi e Iustic. Il reato contestato: tentato omicidio

Coltellate ai pub, regge l’accusa: due giovani restano in carcere

Restano in carcere i due giovani entrambi di Latina accusati di tentato omicidio. Erano stati arrestati lo scorso 5 febbraio dalla Polizia con l’accusa di aver partecipato alla violenta aggressione avvenuta la sera del 23 novembre nella zona dei pub a Latina. Tre minori erano rimasti feriti ed erano stati trasportati in ospedale.

Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Roma. Nei giorni scorsi i magistrati si erano pronunciati sul ricorso presentato da Mirko Iorio, concedendo - come misura cautelare - quella degli arresti domiciliari. Nei giorni scorsi è stato discusso il ricorso di Francesco Manauzzi e Antonio Iustic, anche loro finiti in carcere: il Riesame ha lasciato inalterato l’impianto accusatorio e le esigenze cautelari. Nel corso dell’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Cario che aveva emesso il provvedimento cautelare, Iorio si era avvalso della facoltà di non rispondere, gli altri due ragazzi avevano detto di aver partecipato alla rissa ma non di aver utilizzato alcun corpo contundente. L’episodio avvenuto quella sera in pieno centro a Latina aveva suscitato profondo allarme sociale. Tre adolescenti erano rimasti feriti a coltellate a seguito di una vendetta. Due gruppi si erano fronteggiati: da una parte la comitiva proveniente dal Colosseo e dall’altra quella del quartiere Q4 a Latina. Oltre ai tre arresti, erano stati indagati a piede libero anche altri 13 giovani tra cui molti minori.

L’indagine condotta dagli agenti della Squadra Mobile di Latina aveva portato all’identificazione dei ragazzi che avevano partecipato all’aggressione. Sulla scorta sia delle immagini di alcune telecamere della zona che di alcune testimonianze, gli investigatori - coordinati dal dirigente Guglielmo Battisti - erano riusciti a ricostruire i fatti e a risalire ai presunti responsabili di un episodio dai gravissimi risvolti e che aveva suscitato profondo allarme sociale. Era stato il pubblico ministero Giuseppe Bontempo a chiedere al gip l’applicazione di un provvedimento restrittivo. «Ho sentito la lama di un coltello che mi ha bucato il collo in una frazione di secondo», ha raccontato quando è stato ascoltato dagli investigatori una delle parti offese.

 ha aggiunto. «Ho visto schizzare il sangue». Nelle carte dell’inchiesta è stato messo in rilievo un passaggio importante sotto diversi profili. «La violenza come metodo per l’affermazione della propria reputazione e soluzione di controversie tra gruppi rivali, rappresenta un fattore inquietante che genera un elevato livello di allarme sociale» è scritto nell’ordinanza del gip. Nei giorni scorsi il Tribunale del Riesame ha lasciato inalterate le esigenze cautelari, l’impianto accustorio resta intatto.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione