Cerca

Il fatto

Corruzione in Camera di Commercio, subito il processo

La Procura ha chiesto il giudizio immediato per i due dipendenti della Camera di Commercio finiti agli arresti domiciliari

Corruzione, subito il processo

La Procura di Latina ha esercitato l’azione penale e ha chiesto il giudizio immediato nei confronti dei due dipendenti della Camera di Commercio di Latina, Andrea Di Stefano e Giuseppe Luciano. Entrambi sono agli arresti domiciliari dallo scorso novembre per il reato di corruzione. L’udienza è fissata per il prossimo 28 maggio in Tribunale a Latina davanti al Primo Collegio Penale. Il 30 marzo invece si svolgerà l’udienza in Corte di Cassazione avverso la decisione del Tribunale del Riesame che aveva lasciato inalterate le esigenze cautelari respingendo il ricorso. Sono stati gli avvocati Lucio Teson e Claudio Maria Cardarello a impugnare la decisione dei magistrati e a presentare ricorso davanti ai giudici della Suprema Corte. Le difese avevano depositato il ricorso per Cassazione con cui avevano sottolineato la carenza delle esigenze cautelari per i rispettivi assistiti.

Nell’inchiesta i finanzieri avevano ricostruito una serie di episodi contestati all’indirizzo dei due dipendenti: in cambio di somme di denaro avrebbero agevolato la procedura di alcune pratiche istruttorie. Nell’inchiesta - coordinata dal pubblico ministero Valentina Giammaria - sono indagate a piede libero altre sette persone, tra cui professionisti e liquidatori per dei fatti contestati che sono stati registrati a Latina tra il 2021 e il 2023. Gli accertamenti erano stati condotti dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Latina. Gli inquirenti hanno ricostruito le modalità degli episodi grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali. E’ emerso in un caso che un indagato aveva lasciato una somma di denaro sulla scrivania di uno degli arrestati: sotto la tastiera del computer.

Nel corso delle indagini è emersa anche un’altra circostanza. Oltre che corruzione nei confronti di Luciano è stata ipotizzata la falsa attestazione in presenza di servizio. L’inchiesta è scattata nel 2021 a seguito di una verifica fiscale su una società. Gli approfondimenti investigativi si sono concentrati sulla richiesta di cancellare una società inattiva a Roma che non ha mai depositato i bilanci. Secondo quanto contestato dagli inquirenti, le tariffe delle pratiche variavano da 250 a 50 euro mediante soldi in contanti o ricariche alla PostePay. Luciano aveva il compito di trovare gli operatori economici cui servono i servizi e Di Stefano ha gestito le pratiche. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Giuseppe Cario, Di Stefano aveva giustificato le sue condotte offrendo la sua versione dei fatti, Luciano era rimasto in silenzio e si era avvalso della facoltà di non rispondere. Nei confronti di quest’ultimo. L’inchiesta è chiusa e la Procura ha chiesto il giudizio immediato fissato tra poco più di due mesi quando è previsto il via con la prima udienza.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione