Gli accertamenti
14.07.2025 - 14:45
Lunedì scorso si scavava tra macerie e detriti per recuperare clienti e dipendenti, adesso si scava nel passato del locale per poter risalire allo “storico” dello stesso e accertare eventuali cause e responsabilità dopo il crollo del solaio del Ristorante Essenza di Terracina e la morte della sommelier Mara Severin, la 31enne che venne estratta per ultima e che morì poco dopo all’ospedale Fiorini. Gli investigatori della polizia e i periti, a stretto contatto con la Procura di Latina, stanno raccogliendo tutta la documentazione necessaria per sbrogliare una matassa intricata per via delle diverse ristrutturazioni che si sono succedute nella struttura all’angolo tra via Cavour e via Tripoli: negli ultimi anni è stata sede di un negozio di abbigliamento, di un cocktails & bistrot e di un ristorante stellato.
A creare confusione nell’opinione pubblica, già all’indomani del disastro per quello che è stato subito considerato un cedimento strutturale, è stato l’utilizzo dei termini “proprietà” e “gestione” anche tra gli organi di informazioni che, come sempre nei casi di cronaca, oltre a dover verificare qualsiasi tipo di informazione più o meno ufficiale come da prassi, sono pure costretti a soppesare con attenzione le posizioni di quanti sono coinvolti a vario titolo. In questo frangente, che vede ora il classico “gioco delle parti” o quello che viene definito più comunemente “scaricabarile”, è partito il botta e risposta su chi dovrebbe rispondere insieme alla ditta, o alle ditte che hanno operato sul campo, per ristrutturazioni, modifiche strutturali e manutenzioni: da una parte c’è la proprietà dell’immobile, e dunque delle mura, riconducibile al noto imprenditore di Fondi Michele Martino rappresentato dall’avvocato Francesco Di Ciollo, dall’altra l’attuale proprietà del Ristorante Essenza che vede, nella Essenza Srl, due titolari e gestori con le quote equamente suddivise e registrati ufficialmente insieme alle corrispettive consorti: l’amministratore Giuseppe Emilio (che non è quindi il legale rappresentante della società proprietaria dell’immobile) e lo chef Simone Nardoni, rappresentati dall’avvocato Luca Giudetti.
E mentre le indagini proseguono nel più stretto riserbo, dalle carte catastali legate all’immobile sembrerebbe comparire anche una terza figura, una famiglia locale che avrebbe la proprietà del lastrico venuto giù. Una situazione da verificare, appunto, come vanno verificate le voci che vorrebbero il sequestro dei cellulari di Emilio e Nardoni disposto dal pubblico ministero Giuseppe Miliano.
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