Cerca

L'intervista

Giovanni Malagò: l'amore per Sabaudia e la passione olimpica

Una chiacchierata a cinque cerchi, guardando ai Giochi di Milano-Cortina 2026

Giovanni Malagò: l'amore per Sabaudia e la passione olimpica

Un momento dell'intervista con Giovanni Malagò

Il Signore delle Dune ama la nostra terra. Spesso e volentieri si rifugia nella sua Sabaudia, lì dove tranquillità, serenità, voglia di staccare la spina, rappresentano il cibo quotidiano con il quale nutrirsi e utile, un attimo dopo, per ritrovare l’energia vitale con cui riflettere sul presente e l’immediato futuro.
Il Signore delle Dune è abituato, ne ha diritto, crediamo, a dare del “tu” al mondo dello sport. Ne ha ben donde, perché i numeri, per chi sa interpretarli, sono dalla sua parte. Lo sono sempre stati nei 12 anni di presidenza Coni.
Giovanni Malagò è cornice e quadro d’autore: non c’è bisogno d’altro. L’Italia dei record di medaglie è figlia del suo innato ed incondizionato amore per lo sport, dell’escalation che il nostro paese ha avuto nonostante le difficoltà di un’impiantistica carente e di un’attività di base praticamente inesistente.
Giovanni Malago è l’uomo che avrebbe portato con la sua squadra di Roma 2024, i Giochi estivi nella “Città Eterna”, ma che un attimo dopo aver ingoiato il boccone amaro di una politica ingrata, ha saputo voltare pagina regalando al Paese quelli invernali di Milano-Cortina 2026. Il Signore delle Dune, Sabaudia e i 5 cerchi: che la chiacchierata tra vecchi amici («lo siamo ed è giusto che tu lo dica», ci ha detto prima di iniziare, ndr) trovi voce tra le colonne di queste pagine.
Iniziamo da Sabaudia?
«Non potrebbe essere altrimenti. Felice di farlo».
Hai sempre detto che, a parte le tue adorate figlie che sono in cima a tutto, rappresenta il tuo grande amore.
«Il sentimento che mi lega a Sabaudia è sempre difficile da spiegare a parole».
Vogliamo provarci?
«Tutto è nato 35 anni fa. Le mie figlie erano piccolissime, mi ero separato e cercavo un posto dove stare bene con loro. Ho trovato una combinazione che mi ha aiutato e che mi aiuta in questo, che mi ha dato e mi dà equilibrio, di testa, psicofisico. Non so quanto ci sia di razionale in tutto questo: diciamo che ognuno di noi ha un luogo del cuore dove si ritrova anche a riflettere, a ragionare, a stare da solo, con il proprio cane, con la propria compagna, con un amico oppure in un contesto sociale più ampio, diverso. Un’onda lunga di sentimenti che continua nel tempo».
Un amore ricambiato?
«Vivo il mare, la spiaggia, le dune, la città e la gente, perché mi piace farlo. Sabaudia fa altrettanto con me: ci prendiamo sottobraccio e camminiamo facendoci cullare da questo posto meraviglioso».
Al punto che hai finito per vestire i panni del “Cicerone” di turno, trasferendo questo amore ad altri: Francesco Totti e Pino Daniele, tanto per citare due nomi.
«Tanti amici che frequentano casa mia. Non dico che hanno necessariamente conosciuto Sabaudia grazie a me, ma di rimbalzo, in maniera indiretta, supportati dai racconti di storie personali, hanno cominciato ad apprezzare questo lembo di terra. Francesco Totti e Pino Daniele hanno colto al volo il suggerimento legato alla tranquillità che Sabaudia poteva regalargli ed hanno preso casa. Francesco gravitava dalle parti di Roma sud e, allenandosi a Trigoria, per lui era facile immettersi sulla Pontina e trovare la via di Sabaudia. Pino mi chiese di cercare una casa e la trovò accanto alla mia: la chiamò ‘Canto do mar’, c’è ancora la mattonella, e fu veramente un ‘nido’ d’ispirazione per lui, prima di andare via per una serie di situazioni famigliari che si erano venute a creare. Un addio a Sabaudia, a quella casa, che lo rattristò molto».
Le ultime elezioni del Coni hanno certificato, con l’elezione di Luciano Buonfiglio, l’ennesima vittoria dello sport italiano.
«Ha vinto Luciano Buonfiglio e una Giunta che, in stragrandissima parte, lo supportava. E’ innegabile che lui sia un uomo di sport: lo dicono la sua carriera da atleta e da dirigente. Non mi permetto di dire che altri non siano uomini di sport, di sicuro Luciano lo è al 100%».
In molti hanno detto: l’elezione di Luciano Buonfiglio è stata l’ennesima vittoria di Giovanni Malagò.
«E’ importante che tutti, ma dico tutti, siano dalla parte dello sport italiano. Personalmente mi troverete sempre dalla stessa parte: quella dello sport e del Coni».
Cos’è che ti inorgoglisce di più? I messaggi e gli attestati di stima al termine di ogni olimpiade da parte dei presidenti degli altri Comitati olimpici, basiti di fronte a tanta grazia sportiva, o il fatto che, in una recente intervista, Federica Pellegrini, ad una precisa domanda sulla tua persona, abbia risposto: “mi auguro che il prossimo presidente del Coni riesca a chiamare per nome e cognome ogni singolo atleta di ogni singola disciplina”.
«Le cose non sono disgiunte. Penso che ognuno di noi sia diverso dall’altro, ci mancherebbe. Passione e competenza sono la base per essere un buon dirigente sportivo ed io su queste due parole ho costruito la mia carriera, soprattutto come presidente del Comitato olimpico».
Tutto vero, ma c’è un percorso fatto di mille cose.
«Voi parlavate dei presidenti degli altri Comitati olimpici che al termine di ogni olimpiade si complimentano per l’operato dell’Italia. Intanto, devi conoscerli e per questo intendo un rapporto di porta a porta, di pranzi, cene, di incontri, di aperitivi, di mail, di lettere, di viaggi, di aeroporti, di transfert da un luogo all’altro, di testimonianze, di manifestazioni e assemblee. Insomma, un percorso di costruire».
Un rapporto che va costruito minuziosamente nel tempo.
«Se tu fai qualcosa di buono, e io lo farei nei loro confronti, è normale che qualcosa ti ritorna in termini, come avete detto voi, di apprezzamento per quello che hai fatto. Il farsi voler bene non può e non deve limitarsi ad una pacca sulla spalla. La credibilità, al di là di quelli che sono i risultati e le medaglie che metti al collo, te la devi costruire passo dopo passo, dimostrando, sempre e comunque, senza imitare nessuno, di essere all’altezza della situazione».
Tornando al discorso degli atleti: chiamarli per nome e cognome è sinonimo di affetto ma anche, soprattutto, di rispetto.
«Il dirigente sportivo non esisterebbe senza atleta. A parti invertite l’atleta sarebbe, comunque, in condizioni di esprimere meno le propri capacità, ma pur sempre in grado di offrire una prestazione. Passione, amore, rispetto, devono andare a braccetto e toccare le corde giuste di ogni singolo atleta, che a quel punto è meno solo».
Anche perché il mondo dello sport...
«Si distingue dagli altri per essere figlio, soprattutto, della passione e dell’amore che tu metti in quello che fai. Le battaglie che tu porti avanti sono frutto di questo ed altro ancora».
Avresti voluto portare con tutto te stesso le Olimpiadi estive a Roma nel 2024 e, diciamolo francamente, c’eri riuscito. Poi lo hai fatto con quelle invernali di Milano-Cortina del prossimo anno.
«Nella vita bisogna saper cogliere le occasioni, andargli incontro e non aspettare che ti caschino addosso, che ti piovano dal cielo».
Nonostante quello che era successo per Roma 2024, è rimasta storica la tua frase nel giorno in cui, a malincuore e con le lacrime agli occhi, dicesti al mondo intero: “Da adesso in poi, non mi occuperò più dello sport di Roma, ma dello sport italiano...».
«Mi fa piacere che ricordate, in maniera perfetta e minuziosa, questi passaggi. Assurda e vergognosa la decisione di ritirare la candidatura di Roma 2024 con l’errore marchiano, il peccato originale di questa vicenda, riconducibile al ritiro improvviso della candidatura, dopo averla fortemente voluta, mettendo insieme Governo, enti locali, amministrazione comunale e Comitato olimpico. Un po’ come, dopo che l’aereo è partito, a trequarti del volo, ti dicono: lo sa che c’è di nuovo? Lei deve tornare indietro. Non si arriva più a destinazione con tutta la squadra a bordo ormai pronta per l’arrivo. Una cosa pazzesca».
A quel punto, perché Milano-Cortina? Candidatura arrivata con sette voti sulla Svezia, che era l’ottava volta che si candidava.
«Per un motivo molto semplice, che si riallaccia alla domanda precedente: era un anno e mezzo che lavoravo sulla candidatura di Roma e i membri del Cio, che dovevano votare Roma contro Parigi e Los Angeles, erano gli stessi che dovevano votare anche Milano-Cortina contro Stoccolma: questa è la sintesi».
Che Olimpiadi saranno quelle di Milano-Cortina?
«Spartiacque, perché da quel momento nulla sarà più come prima. Saranno sempre le Olimpiadi dei territori. Dopo di noi ci sarà la Francia con il modello delle Alpi francesi e sostanzialmente della Costa Azzurra. Il programma olimpico delle discipline invernali dovrà necessariamente essere rivisitato con l’allargamento del territorio. E noi, all’interno del nostro Paese, lo possiamo fare grazie a quello che ci ha lasciato madre natura. Siamo in condizione di avere una grande città con degli impianti metropolitani e montagne dove puoi fare gli sport sulla neve o outdoor. Detto questo, non ho dubbi che quella di Milano-Cortina sarà una grande olimpiade invernale, anche se a noi piace da morire complicarci la vita: è una nostra virtù».
Alla luce di questo ed altro ancora, Giovanni Malagò è un po’ come Re Mida: tutto ciò che tocca diventa oro. Lo dicono i fatti di Roma 2024, perché nessuno ci toglie dalla mente che quei Giochi sarebbero stati assegnati alla città eterna, di Milano-Cortina 2026, ma come non ricordare i mondiali di nuoto del 2009, a detta di tutti i più belli della storia?
«Tutte le esperienze che ho vissuto da presidente del Comitato organizzatore, anche e soprattutto quei mondiali, sono fortissimamente dentro la mia testa, perché da ognuna di loro ho imparato qualcosa, anche a non commettere certi errori o a fare certe scelte. Quei mondiali di nuoto a Roma furono pazzeschi, con un’atmosfera magica, con risultati sportivi straordinari. Era l’epoca del ‘costumone’, del record di Federica Pellegrini, mai superato per 13 anni, nei 200 stile libero, la stessa Filippi, anche lei medaglia d’oro. A distanza di anni, se parli con atleti, tecnici, ma anche con chi è presente nel bord del World Aquatics, tutti si ricordano di quel mondiale».
Membro del Cio, presidente del Comitato Milano-Cortina: e dopo?
«Se la salute mi assiste, per qualche anno resterò membro del Cio a rappresentare l’Italia. Ora sono totalmente concentrato, a parte gli interessi personali, sui Giochi invernali di Milano-Cortina che rappresentano una sfida complessa. Poi vedremo cosa accadrà».
Il cuore potrebbe portarti a Sabaudia?
«Diciamo che il cuore dovrebbe portarmi un po’ di più a Sabaudia».
Il sindaco Mosca deve temere qualcosa?
«No, assolutamente (sorride, ndr). Gli auguro ogni bene, anche perché è una persona seria, che stimo molto».
A questo punto, come ci lasciamo?
«Ci diamo appuntamento a dopo Milano-Cortina, per parlare anche della nostra Sabaudia».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione