Scenari
19.09.2025 - 09:00
Ha il sapore della sfida la feroce azione intimidatoria consumata ieri notte in viale Pierluigi Nervi con l’esplosione di una bomba molto potente sotto al porticato del civico 298, ossia l’ingresso della scala “O” delle case popolari, accompagnata dagli incendi di due automobili in sosta. Una sfida lanciata prima di tutto a qualcuno che abita in quella zona, probabilmente un’altra scala dello stesso complesso residenziale, ma al tempo stesso può essere interpretata una sfida alle istituzioni, da parte di chi sembra dimostrare, in questa maniera, di alzare il livello dello scontro restando impunito, oltretutto colpendo nella stessa zona che dodici ore prima era stata passata al setaccio con perquisizioni e controlli straordinari. Non sembra essere un caso che nel piano interrato delle case popolari che la mattina precedente erano stati trovato panetti di hascisc per un totale di un chilo e mezzo, proprio sotto a quell’ingresso in una cantina riconducibile a un residente di 52 anni della scala successiva.
Nessuno tra i residenti ha riferito agli investigatori di avere visto gli attentatori in azione, ma qualcuno sostiene di avere sentito, alle ore 1:28, il crepitio delle fiamme subito prima del forte boato, avvertito in molte zone della città, proprio com’era successo per i precedenti tre attentati delle ultime settimane. Con i vigili del fuoco, che hanno spento le fiamme e verificato la sicurezza del condominio, sono intervenuti i poliziotti della Squadra Volante per i primi riscontri e gli investigatori della Squadra Mobile per una ricostruzione dell’accaduto e gli approfondimenti investigativi, mentre gli specialisti della scientifica hanno analizzato i luoghi in cerca di tracce utili.
Le vetture incendiate sono una Toyota Corolla station wagon in uso a madre e figlia e un Doblò Fiat di un artigiano, in entrambi i casi soggetti apparentemente estranei a dinamiche criminali. I mezzi erano parcheggiati di fronte all’ingresso della scala “O” delle case popolari dove gli attentatori hanno fatto esplodere la bomba, un ordigno molto potente, a quanto pare di fattura artigianale, che ha devastato l’androne d’ingresso e il solaio del porticato antistante. Ed è forse per questo che le due auto sono state scelte per accentuare il messaggio intimidatorio.
I poliziotti stanno lavorando per risalire agli autori dell’attentato, ma anche per verificare se l’azione intimidatoria fosse rivolta a qualcuno in particolare tra le persone che vivono in quel preciso condominio, oppure se in generale sia destinata a soggetti che abitano nello stesso complesso residenziale, ovvero in uno dei condomini adiacenti, ipoteticamente appartenenti a quella che appare come la fazione contrapposta agli spacciatori delle case Arlecchino, tra l’altro sottoposti a un servizio straordinario di controllo dodici ore prima dell’attentato.
Tra i residenti di viale Nervi ieri si era insinuata la convinzione che gli attentatori avessero preso di mira il condominio sbagliato, ma sembra difficile credere che si sia trattato di un errore. Come in un continuo botta e risposta, l’attentato sembra una reazione all’esplosione dell’ultimo ordigno, quello che il 13 febbraio aveva distrutto l’auto di una donna in via Guido Rossa, nel parcheggio delle case popolari situate di fronte ai palazzi Arlecchino, quindi nelle pertinenze di un condominio in apparenza estraneo, proprio come successo ieri notte. Insomma, in un parallelismo tra le due fazioni, per l’ultima risposta potrebbe essere stato colpito alla stessa maniera un condominio vicino.
Anche e soprattutto perché in viale Nervi, nelle scale vicine a quella bersagliata ieri notte con l’attentato, abitano una serie di personaggi coinvolti in passato negli affari con la droga, compresi alcuni familiari e soggetti vicini al sessantenne narcotrafficante di via della Darsena, che a sua volta aveva subito l’attentato esplosivo la notte di lunedì 8 settembre, a meno di ventiquattro ore dall’esplosione del primo ordigno di questa serie, quello piazzato all’alba di domenica 7 al civico 10 di via Guido Rossa, proprio alle case Arlecchino dove vivono alcuni pusher del sodalizio che controlla la zona e dove erano nascoste tre pistole in un locale condominiale.
Insomma, sembra delinearsi in maniera sempre più chiara una spaccatura profonda tra due sodalizi criminali contrapposti, con quello che gestisce la piazza di spaccio delle case Arlecchino che ha subìto un primo avvertimento in un contesto, fino a quel momento sommerso, di pestaggi e sparatorie non denunciati dalle vittime, ossia azioni di forza volute per accrescere il proprio potere, che inevitabilmente hanno provocato una reazione feroce. La replica della notte successiva in via Darsena aveva tutta l’aria di essere una vendetta, consumata con le modalità dell’affronto, pianificata certamente anche con l’obiettivo di svelare pubblicamente la fazione opposta, quindi la provenienza del primo ordigno.
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