Il fatto
21.10.2025 - 10:00
Nella zona dei palazzi Arlecchino le pistole circolano con una certa frequenza, tant’è vero che spuntano anche quando non dovrebbero, come nel caso di una lite in famiglia tra padre e figlio dello scorso 11 giugno, quando era dovuta intervenire la Polizia, perché i due si affrontarono con sciabola e semiautomatica.
Riportata la calma in casa, gli investigatori della Squadra Mobile poi trovarono una pistola nascosta tra la biancheria all’interno della lavatrice, ma è servita una perizia per stabilire che si trattasse di un’arma vera e propria, capace di sparare, perché si trattava in realtà di una arma a salve, modificata in maniera illecita.
Alla luce di questa doverosa verifica, i detective del vice questore Giuseppe Lodeserto ieri mattina hanno potuto arrestare Simone Mario Furno di 27 anni, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal giudice per le indagini preliminari Laura Morselli.
L’episodio risale a tre mesi prima dell’esplosione della bomba che ha dato vita all’escalation di attentati e ha fatto emergere lo scontro tra fazioni contrapposte di pusher fino a quel momento sottaciuto. Insomma, era un periodo di calma apparente, quando però iniziavano a manifestarsi le prime azioni di forza che hanno accentuato le tensioni. In ogni caso quando padre e figlio, quel pomeriggio di mercoledì 11 giugno, si sono affrontati in una sorta di duello, la zona dei palazzi Arlecchino era già una piazza di spaccio gestita in maniera maniacale da un gruppo di giovani trafficanti di droga capeggiati dai due gemelli ventenni, attraverso l’impiego di pusher e vedette sempre operativi assoldati soprattutto tra i residenti del circondario, ma anche di custodi per le scorte di stupefacenti e pistole.
Per questo gli investigatori sono ancora al lavoro per capire se la pistola utilizzata quel giorno nel corso della lite, fosse custodita da qualcuno, della famiglia, proprio per conto della fazione egemone in quel rione. Anche e soprattutto perché il padre del giovane arrestato, qualche settimana fa, aveva in uso una costosa Audi A3 berlina noleggiata presso una delle società che mettono le vetture a disposizione del gruppo che gestisce lo spaccio in quel quartiere, la stessa che era stata vista correre a folle velocità per evitare i posti di controllo delle forze di polizia.
Tornado ai fatti di quel 11 giugno, padre e figlio avevano litigato per futili motivi e il genitore, in stato di agitazione, era stato anche visitato sul posto dal personale medico del pronto intervento sanitario. A indirizzare le ricerche degli investigatori della polizia era stata però la testimonianza di una donna che aveva visto il ragazzo affrontare il padre con una pistola in pugno, mentre il genitore si difendeva mostrando una sciabola.
All’arrivo della prima pattuglia della Squadra Volante all’angolo tra via Galvaligi e via Bachelet di armi non ce n’erano, ma una perquisizione della Squadra Mobile aveva permesso di trovare la conferma che cercavano: nell’appartamento della famiglia c’era la pistola. I successivi riscontri hanno permesso di appurare che, sebbene fosse una replica destinata alle cartucce a salve, era stata modificata per sparare proiettili veri calibro 7,65. Alla luce di questo, la pubblico ministero Valentina Giammaria, sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, aveva chiesto e ottenuto l’applicazione della misura cautelare per il giovane.
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