Il caso
22.10.2025 - 09:24
Uno dei tre compagni di classe di Paolo Mendico indagati dalla Procura dei minori di Roma avrebbe espresso la volontà di togliersi la vita dopo aver ricevuto la notifica degli atti giudiziari. Si tratta di un quindicenne di Santi Cosma e Damiano che lunedì sera ha scritto sulla chat della classe «Quasi quasi mi suicido anche io». Sulla vicenda indagano i carabinieri. Nel frattempo è stato potenziato il servizio di assistenza psicologica al Pancinotti.
Una vicenda quella del 15enne legata alla tragedia di Paolo Mendico, il coetaneo e compagno di classe che si è tolto la vita lo scorso 11 settembre, proprio alla vigilia del ritorno a scuola. Nelle ore immediatamente successive al tragico gesto è emerso come a scatenarlo potessero essere stati alcuni episodi di bullismo subiti dal giovane.
In questi giorni, per la prima volta, sono arrivate le prime indiscrezioni sui risultati dell’ispezione ministeriale condotta nell’istituto tecnico “Pacinotti”, la scuola che il ragazzo frequentava. E le conclusioni, consegnate dagli ispettori del Ministero dell’Istruzione all’Ufficio scolastico regionale del Lazio, aprirebbero scenari pesanti: tre docenti rischiano la sospensione per omissioni e comportamenti ritenuti inadeguati nella gestione delle segnalazioni di bullismo.
Il dossier ministeriale, frutto di settimane di audizioni, verbali, colloqui e analisi di documenti interni, ricostruisce quanto accaduto all’interno della scuola, evidenziando gravi carenze nella tempestività e nell’efficacia delle risposte alle denunce dei familiari del ragazzo. Secondo la relazione, i genitori di Paolo avevano segnalato più volte episodi di derisione, isolamento e violenza verbale e fisica, subiti dal figlio da parte di alcuni compagni. Gli ispettori hanno cercato di verificare se e come queste segnalazioni siano state prese in carico, se i docenti e la dirigenza abbiano attivato i protocolli antibullismo e, nei casi più gravi, se sia stato coinvolto il servizio sociale territoriale.
Il quadro che emerge, secondo le indiscrezioni, è quello di una scuola che ha reagito con ritardo, tra sottovalutazioni e procedure rimaste sulla carta. Convocazioni, richiami, provvedimenti disciplinari: tutto sarebbe avvenuto con una lentezza incompatibile con la gravità dei fatti. Nel frattempo, Paolo continuava a subire derisioni e insulti: lo prendevano in giro per il taglio dei capelli, lo chiamavano “nano”, scrivevano frasi offensive sui muri e, in un’occasione, qualcuno avrebbe anche mimato gesti violenti nei suoi confronti.
Ci sarebbe stata “una catena di allarmi inascoltati”, che non si è mai tradotta in interventi concreti e coordinati. Ora, per i tre docenti coinvolti, si apre la procedura formale di contestazione disciplinare che potrebbe portare alla sospensione dal servizio.
La famiglia, assistita da un legale, ha dichiarato: «E’ un primo passo. Ogni giorno il dolore cresce, ma questa notizia ci aiuta a credere che la verità verrà fuori. Non smetteremo di combattere perché quanto accaduto a Paolo non si ripeta mai più».
La relazione del Ministero è ora all’esame dell’Ufficio scolastico regionale, che dovrà decidere sui provvedimenti disciplinari e valutare eventuali responsabilità dirigenziali.
Sul fronte giudiziario, invece, proseguono le indagini coordinate dalla Procura di Cassino, che ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio.
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