Il fatto
28.10.2025 - 09:00
La Boldrini al tribunale di Latina
A maggio la sentenza dei giudici della terza sezione della Corte d’Appello per la vignetta diffamatoria e i commenti offensivi e pesanti nei confronti dell’ex Presidente della Camera Laura Boldrini. Il reato contestato era diffamazione di un corpo politico. Il processo si è chiuso e l’ex Presidente della Camera, che si era costituita parte civile, interviene con un post su Facebook dove ripercorre il lungo iter giudiziario e sottolinea l’importanza della denuncia. Il reato era stato dichiarato estinto per intervenuta prescrizione per l’autore della vignetta. Per gli altri tre imputati era stato disposto il non doversi procedere per difetto di querela. La querela non era formalmente idonea per iniziare il dibattimento mentre per l’autore della vignetta i giudici della Corte d’Appello avevano confermato comunque le statuizioni civili. L’immagine ritenuta altamente denigratoria aveva iniziato a girare sul web in occasione della visita del Presidente della Camera a Latina nel luglio del 2017 per l’ intitolazione del Parco Comunale ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I commenti su Facebook erano stati pesanti e la foto era stata accompagnata da post offensivi. Ieri l’intervento sul social network della parlamentare.
"Dopo un lungo iter giudiziario, l’uomo di Latina che nel 2017 aveva pubblicato l’immagine di un bambino con la divisa fascista dei balilla mentre urinava su una foto che ritraeva il mio volto, è stato definitivamente condannato a risarcirmi e a pagare le spese legali. Quell’orrendo fotomontaggio - ha scritto l’ex Presidente della Camera - fu pubblicato su Facebook in occasione dell’invito che l’allora sindaco Coletta mi fece per partecipare alla cerimonia in cui il parco di Latina, già intitolato ad Arnaldo Mussolini, sarebbe stato dedicato ai giudici Falcone e Borsellino. La notizia scatenò la violenza di militanti neofascisti locali e non solo, sia sui social sia in presenza, con tanto di tentativi di interrompere l’evento, urla con slogan fascisti, braccia tese. Nel clima turbolento che precedette l'inaugurazione, fioccarono anche commenti diffamatori, sessisti e violenti sui social, compreso quello che riportava l’immagine per cui l’autore è stato condannato, ormai, in via definitiva. Ancora una volta la giustizia ci ricorda - è scritto nel post - che non dobbiamo farci intimidire da chi ricorre ai discorsi d’odio e che dobbiamo sempre denunciare perché comportamenti come questo non possono passare sotto silenzio".
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