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L'intervista

La scalata di Procaccini in Europa: "Stavolta possiamo contare davvero"

L'europarlamentare di Fratelli d'Italia: "Per incidere nelle scelte europee bisogna diventare maggioranza"

La scalata di Procaccini in Europa: "Stavolta possiamo contare davvero"

Nicola Procaccini (Fratelli d'Italia

Poter contare finalmente in Europa e incidere sulle decisioni dell’europarlamento. La mission che si è dato Nicola Procaccini e con lui Fratelli d’Italia, è proprio questa. Alla vigilia della chiusura della campagna elettorale, che ci sarà stasera a Roma allo Spazio Novecento, Nicola Procaccini è passato a trovarci in redazione.

Onorevole Procaccini, siamo alle ultime battute della campagna elettorale per queste Europee. I temi su cui i è dibattuto, però sono spesso stati di carattere nazionale. Non toglie qualcosa alla competizione, questo atteggiamento?
«Sì ma è anche vero che è così ovunque. Non esiste una nazione dove la campagna elettorale sia stata fatta solo sui temi europei. Per deformazione professionale devo seguire quanto accade nel restop d’Europa e posso dire che ovunque è così. Posso dire che quella italiana non è assolutamente un’anomalia. Anzi, invito a fare una riflessione: malgrato il tentativo, forzato, di questi anni di ridurre le competenze delle singole nazioni col fine di ampliare la forza dell’appartenenza europea, nell’opinione pubblica è ancora forte e radicata l’idea di appartenenza nazionale. E questo va nella direzione di quell’Europa che noi auspichiamo da sempre: non un’Europa federale ma confederale, dove le nazioni non sono enti meramente amministrativi ma sono un’alleanza dove si fanno poche cose insieme, ma fondamentali».

Ha scelto di raccontare, all’inizio di questa campagna elettorale, i suoi primi cinque anni tra Bruxelles e Strasburgo attraverso uno spettacolo teatrale. Quali sono stati i momenti più graditi dal pubblico a suo avviso?
«Questa è una bella domanda. Forse quando ho letto il manifesto dei conservatori, che secondo me è rappresentato al meglio dalla poesia, “Saluto e augurio”, di Pierpaolo Pasolini. Pochi conoscevano quella poesia che poi è stato il testamento di Pasolini ed è un manifesto politico conservatore. Un brano con una lirica che naturalmente soltanto gli spiriti illuminati come quello di Pier Paolo Pasolini potevano avere. In quelle strofe c’è quella “destra divina” che è dentro ognuno di noi. L’apprezzamento del pubblico mi ha fatto molto piacere perché spesso, erroneamente, si pensa che il popolo di destra faccia fatica a emozionarsi sulla cultura, sulla letteratura. Invece quell’emozione si percepiva chiaramente mentre recitavo la poesia»

Lo scorso 1 giugno, sul palco di Roma, lei era tra i pochi a salire accanto alla leader Meloni. Ha ormai un ruolo di livello nazionale per il partito e quindi il suo nome viene tirato in ballo per futuri ruoli tra parlamento e commissione. Si sente pronto al grande salto?
«Intanto io il grande salto l’ho fatto un anno e mezzo fa quando sono diventato presidente del gruppo Ecr, i conservatori europei. Mi rendo conto che la politica europea arriva con difficoltà in Italia ma dopo quella nomina sono di fatto diventato uno dei 7 più importanti dell’europarlamento. E un po’ mi è dispiaciuto che non sia stata colta in pieno, mentre da una parta mi ha tolto un po’ di pressione in quanto si tratta di un incarico prestigioso. Adesso probabilmente il gruppo conservatore è destinato a crescere ulteriormente e quindi ad avere un ruolo ancora più incisivo nella politica continentale. Pertanto, se venissi confermato alla guida del gruppo sarebbe già un risutlato estremamente prestigioso. Poi se sono più utile in un altro ruolo… Vediamo però cosa succede alle elezioni».

Il suo partito ha radici in quella destra giovanile che sognava un’Europa unita quando ancora non tutti la immaginavano. Quel modello di Europa è quello che sogna oggi Fratelli d’Italia?
«Esattamente, noi veniamo da una storia di europeismo che affonda le proprie radici lontano negli anni. Questo è il motivo per cui non prendiamo lezioni di europeismo da chi invece sognava l’Unione sovietica. Da ragazzi noi cantavamo Strade d’Europa, le canzoni alternative della destra giovanile mentre quelli che oggi ci danno lezioni di europeismo cantavano l’Internazionale. Come dicevo prima siamo a un bivio tra due modelli d’Europa. Come diceva un grande segretario del MSI (Giorgio Almirante, ndr) “L’Europa o va a destra o non si fa”. Ecco la mia idea è che l’Europa non sia andata a destra e dunque non è stata fatta. Si è cercato di fare una specie di organismo sovranazionale che ha captato competenze degli Stati nazionali improntato alla stessa matrice ideologica del socialismo del secolo scorso. Un modello di Unione europea che impone, che ordina anche vieta, sanziona, pervade la nostra quotidianità. Noi invece proponiamo un’Europa Confederale, dove le singole nazioni decidono di cedere sovranità su poche cose, su tutte quelle dove da soli non sarebbero in grado di essere altrettanto efficaci».

Latina e Frosinone cosa devono aspettarsi dai prossimi cinque anni di Ue?
«Io credo che una sono territori che hanno alcune caratteristiche in termini di politica economica e a Bruxelles sono stati particolarmente penalizzati. Penso all'agricoltura che è stata messa sul banco degli imputati una volta ogni quattro mesi. Sono stati partoriti regolamenti punitivi contro l’agricoltura. La competitività delle aziende è stata sacrificata sull’altare di uno pseudo ambientalismo che ha gravato sia il sistema industriale sia il sistema sociale delle nazioni»

A livello locale ci sono pesanti fibrillazioni tra alleati di centrodestra. E’ solo colpa di questa campagna elettorale proporzionale o ci sono reali problemi?
«Un po’ è fisiologico, per carità, ma non possiamo nascondere che c’è questo caso Forza Italia in provincia di Latina. Un partito di centrodestra che decide di governare col partito democratico la provincia di Latina è un caso fortunatamente unico. Di sicuro nel resto d’Italia è un’anomalia ed è un controsenso nel momento in cui noi ci battiamo per portare il modello di centrodestra italiano a rappresentare anche il Governo dell’Europa. Quanto accade nella nostra provincia, invece, svilisce un po’ la politica nella sua accezione più alta perché diventa a quel punto solo una questione di accordi di potere. Spero che prima o poi questa cosa finisca perché onestamente secondo me è inaccettabile».

Perché un elettore deve scegliere Nicola Procaccini?
«Innanzitutto per quello che ho fatto fino a oggi e l’ho fatto da una situazione di difficoltà. Nel senso che sono stato in questi cinque anni europarlamentare di minoranza e da questa posizione si può incidere poco nei meccanismi che regolano l’europarlamento. Oggi abbiamo la possibilità di essere più forti e di diventare maggioranza. Per me è naturalmente determinante e quindi tutti coloro che hanno creduto nelle mie battaglie ma che non hanno potuto apprezzarne un esito favorevole, possono scegliermi e scegliere Fratelli d’Italia, perché se saremo più forti a Bruxelles e Strasburgo potremo incidere e cambiare davvero l’Europa».

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