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Il fatto

Matrimonio Sinti a 12 anni perché incinta, lo spaccio svela una sposa bambina

Un’operazione antidroga rivela la storia di una bimba che viveva con il figlio diciassettenne dei Di Silvio

Matrimonio Sinti a 12 anni perché incinta, lo spaccio svela una sposa bambina

Il medioevo del ventunesimo secolo a Latina è a pagina 4 dell’ordinanza di custodia cautelare del giudice Mara Mattioli. La descrizione di una sposa bambina che ad appena 12 anni è protagonista di un matrimonio con rito Sinti, quando è già incinta; poco dopo il feto muore e, vista l’età, viene accompagnata in un ospedale di Napoli dove le verrà indotto il parto; poche settimane più tardi rimarrà di nuovo incinta e avrà un secondo aborto, due anni dopo avrà un figlio. E tutto questo era a conoscenza della mamma e del padre, ora indagati, nonché dei genitori del «marito» anch’egli minorenne all’epoca dei fatti. Si tratta del figlio di Ferdinando Di Silvio e Laura De Rosa, arrestati ieri per spaccio di cocaina, ma ciò che è emerso nel corso delle indagini è un inferno di gran lunga peggiore e, per certi versi, incredibile, del traffico di droga.

Proprio mentre i carabinieri stavano indagando sulla De Rosa, si sono trovati davanti una realtà di abusi sessuali in danno di una ragazza di 12 anni che nell’estate del 2021 risultava convivente con il figlio di De Rosa e Di Silvio, all’epoca diciassettenne. Ad agosto 2021, durante una visita medica, la ragazzina è risultata essere incinta e per tale ragione a settembre c’è stato una matrimonio Sinti, cui hanno partecipato anche i genitori di lei che, come viene sottolineato negli atti dell’indagine, «erano perfettamente a conoscenza che la minore intratteneva rapporti sessuali con il fidanzato». Fin qui sembrava tutto «normale» per la cultura Sinti. A novembre, però, quando un medico del posto scopre che il feto che la bambina aveva in grembo era morto, i familiari decidono che è meglio portarla ad abortire a Castellammare di Stabia, dove «tramite conoscenze» viene indotto il parto del feto, che risultava di 22 settimane. Per la ragazzina è un trauma, ciò nonostante appena torna a casa dei Di Silvio la piccola resta nuovamente incinta. A quel punto la madre si preoccupa e vorrebbe portarla a casa sua ma i Di Slvio si oppongono. Tutti i familiari sanno tutto: la madre del ragazzo, Laura De Rosa, intercettata, dice: «...sì, sì, io ho detto che aspettassero 5-6 mesi» prima di un’altra gravidanza. Non sarà così: dopo 5 settimane la «sposa bambina» è di nuovo incinta e abortirà spontaneamente poco dopo. I genitori della ragazza adesso sono indagati perché consapevoli degli atti sessuali della figlia minore di 14; entrambi rispondono del reato sessuale in danno della figlia perché consapevoli del fatto e nella possibilità di porvi fine non si sono attivati in tale senso. I genitori hanno una posizione di garanzia verso i figli minori e sono tenuti alla tutela dell’integrità fisica.

In pratica: nessuno, anche chi ne aveva l’obbligo, ha salvato la bambina dalla violenza sessuale subita in conseguenza della sua tenera età. Va detto che dopo il primo aborto la madre della ragazza avrebbe voluto riportarla a casa ma non ha messo in atto azioni concrete per allontanarla dall’abitazione di Di Silvio. Il giudice sottolinea come siano da considerarsi in questo contesto «inconcepibili e assolutamente non giustificati gli usi e i costumi della famiglia Sinti». I Di Silvio, non solo si opposero al ritorno della bambina dai propri genitori ma quando lei aveva tentato di allontanarsi sono andati a riprenderla e l’hanno riportata a casa, sapendo che ci sarebbero stati altri rapporti sessuali. I coniugi Di Silvio sono finiti in carcere anche perché avrebbero potuto reiterare il reato contestato per la violenza sulla ragazzina, che nel frattempo ha avuto una terza gravidanza ed è mamma di un bambino pur avendo solo 15 anni.

Quello che è accaduto viene esplicitamente censurato nell’ordinanza: «... tutto ciò per effetto di una biasimevole e assolutamente non giustificabile formazione culturale che non può trovare ingresso nel nostro sistema giuridico e desta particolare allarme ove si tenga conto dello stato di evidente sottomissione della minore e delle pressioni psicologiche attuate sulla stessa dagli indagati».

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