02.07.2023 - 10:22
E' durata 48 ore la rivoluzione Celentano, il tempo di una meteora il coraggio che si era assunto la sindaca di Fratelli d'Italia di sostenere tutto quanto il suo partito osteggia. Perché per il partito della Meloni Tiziano Ferro rappresenta quello che tutto il suo universo di valori non accetta, come dimostra il disegno di legge proposto sulle famiglie arcobaleno per rendere la maternità surrogata reato universale: il cantante che porta il nome di Latina nel mondo è un uomo gay e padre di due figli avuti grazie alla Gestazione per Altri negli Stati Uniti. Nonostante questo il primo cittadino eletto, in uno slancio di generosità, evidentemente solitario e senza un confronto interno, ha deciso un'inattesa apertura con l'annuncio di patrocinio al Lazio Pride di Latina, manifestazione dai molti colori e nella quale si porta avanti la battaglia della maternità surrogata. Un gesto che ha probabilmente sorpreso anche le associazioni che organizzano i Lazio pride, che avevano immediatamente rilanciato chiedendo alla prima cittadina di sostenere la proposta per cambiare la legge che oggi non consente la registrazione di figli per coppie omogenitoriali.
Da quel momento critiche e pressioni sono arrivate come se piovessero all'indirizzo della sindaca di Latina dalle associazioni pro vita, vicine al centrodestra, che le hanno chiesto di non concedere il patrocinio, dalle stesse correnti interne al centrodestra e anche dall'opposizione. Fratelli d'Italia, che nei giorni scorsi non si è espressa, lo ha fatto ieri con il senatore Nicola Calandrini: «La scelta del Sindaco di Latina Matilde Celentano di non concedere il patrocinio al Lazio Pride è di buon senso e non è giusto sia oggetto di strumentalizzazioni. Il primo cittadino rappresenta tutti ma non è possibile concedere un patrocinio a una manifestazione che sostiene istanze contrarie al dettato della legge: mi riferisco all'aperto sostegno alla pratica della maternità surrogata, al riconoscimento alla nascita delle figlie e dei figli delle famiglie omogenitoriali e alla richiesta di estendere alle scuole secondarie e alle università la carriera ‘Alias' per le persone transgender e non binarie».
In questa storia gli errori oggi sono bipartisan, da una parte quelli del primo cittadino, che evidentemente non ha condiviso l'intenzione di dare il patrocinio con il suo partito e con il centrodestra prima di renderlo pubblico a Ferro e alla stampa, quelli del suo partito che ha scelto un eloquente silenzio per non arrivare alla rottura, e quella degli organizzatori del Pride, le associazioni e la stessa sinistra che invece di accogliere l'apertura della sindaca, hanno esasperato i toni e hanno chiesto di più, obbligandola di fatto a tornare sui suoi passi. Un modo per alzare il tiro e strumentalizzare una disponibilità che probabilmente non si aspettavano e che ha spiazzato anche loro. Ne escono tutti un po' sconfitti come sconfitta ne esce la città che a livello istituzionale poteva fare un passo importante e progressista di apertura a tutte le sensibilità, al netto delle diversità di vedute e delle posizioni politiche e ideologiche delle parti in causa. Lei, Matilde, voleva «rappresentare Latina in ogni sua dimensione e sfaccettatura, senza preconcetti». Ma il passo, profondo come una cesura, era troppo lungo per funzionare.
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