Il convegno
02.06.2025 - 14:40
Una sala gremita e un dibattito denso di spunti politici: è il bilancio dell’iniziativa promossa dall’Associazione Provincia Democratica che si è tenuta a Latina, dedicata al tema “Principi e valori del PD: ragioni di fondo per un partito riformista ed europeista quale alternativa credibile per il governo dell’Italia”.
A introdurre l'incontro è stata la moderatrice Valentina Mattei, affiancata dagli interventi di Gennaro Ciaramella, Giorgio Granato, Lorenzo Cervi e Leonardo Majocchi. Due le relazioni principali: quella del costituzionalista Stefano Ceccanti e quella della filosofa ed ex parlamentare Claudia Mancina, entrambe incentrate sulla necessità di ricostruire l’identità politica del Partito Democratico, oggi frammentata e appesantita da visioni divergenti.
Secondo Ceccanti, l’eredità culturale del PD è frutto della fusione di esperienze riformiste nate in contenitori politici minoritari, spesso attraversati da pulsioni massimaliste: il comunismo da un lato, la nuova cristianità dall’altro. La sfida, ieri come oggi, è tenere insieme queste culture con una visione liberale e pragmatica, respingendo derive identitarie e massimaliste, soprattutto nei momenti di crisi. Due i fronti su cui Ceccanti invita alla chiarezza: politica estera e riforme istituzionali. Sul primo punto, ha criticato chi invoca il pacifismo assoluto dimenticando che l’articolo 11 della Costituzione prevede anche il diritto alla legittima difesa e l’impegno in sistemi multilaterali come Nato, Ue e Onu. Emblematica in questo senso la questione ucraina: senza sostegno militare, il Paese sarebbe già vittima del regime di Putin. Sul fronte delle riforme, invece, Ceccanti invita il PD a non limitarsi al rifiuto del premierato proposto dal governo Meloni. “Dire solo no è un atteggiamento conservatore – ha affermato –. Serve una proposta alternativa che restituisca centralità al cittadino, come indicato già nella Tesi 1 dell’Ulivo”.
Claudia Mancina ha condiviso l’analisi del collega, individuando nella confusione ideologica e nell’assenza di una base sociale ampia due dei mali più profondi del PD. Secondo Mancina, oggi prevale una visione politica statalista, pauperista e antitecnologica, lontana da quella riformista, moderna e innovativa necessaria per governare. “Il PD – ha sottolineato – non è un partito monotematico, ma deve rappresentare un’alleanza politica tra ceti diversi, come facevano la Dc e il PCI”. Il riferimento è ai ceti medi impoveriti dalla globalizzazione, spaventati dai cambiamenti e bisognosi di protezione e risposte concrete.
Due i nodi principali: immigrazione e lavoro. Sul primo punto, Mancina ha evidenziato come il PD sia spesso incapace di considerare le preoccupazioni legittime di chi vive nelle periferie, offrendo risposte moralistiche ma prive di realismo. Sul secondo, ha criticato la proposta del salario minimo come misura isolata, senza una strategia sulla produttività e sul rilancio dell’economia. “Serve una politica industriale e della crescita – ha detto –. E attenzione ai referendum sul lavoro: promettono tutele che non ci sono e rischiano di frenare le assunzioni”.
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