L'intervista
12.10.2025 - 19:30
La consigliera comunale Daniela Fiore
Consigliera Fiore, quali sono le motivazioni personali e politiche che l'hanno spinta a lasciare il gruppo consiliare del PD di Latina?
La mia è stata una decisione maturata nel tempo, non dettata da contrasti personali ma da una riflessione politica profonda. Ho sentito l’esigenza di restituire alla mia attività amministrativa il senso autentico del servizio, della concretezza e della responsabilità verso i cittadini. In questi mesi ho percepito che all’interno del gruppo consiliare del PD si è perso slancio, e che troppo spesso le dinamiche interne hanno finito per prevalere sull’impegno per la città. Per questo ho scelto di proseguire nel Gruppo Misto: per poter agire con maggiore libertà, pur restando all’opposizione e continuando a rappresentare i valori del centrosinistra in modo coerente e costruttivo. Ho letto di recente sui social una riflessione di uno storico esponente della sinistra che affermava come nel PD ormai la diaspora sia diventata una forma d’arte. In parte è vero, ma quella diaspora è spesso la risposta — forse estrema — all’assenza di prospettiva..
Ha dichiarato che il PD locale è "appiattito" su posizioni di altre forze politiche. Può approfondire cosa intende con questa affermazione e come ciò ha influenzato la sua decisione?
Negli ultimi anni ho avuto la sensazione che il Partito Democratico abbia progressivamente smarrito una propria identità politica autonoma, preferendo spesso rincorrere le posizioni di altri gruppi invece di proporre una visione chiara, riconoscibile e alternativa. Un partito con una storia e una cultura politica come il PD dovrebbe guidare il dibattito pubblico, non limitarsi a seguirlo. Questa mancanza di iniziativa ha impoverito la qualità dell’opposizione e, di conseguenza, il dibattito cittadino. Dieci anni fa, alla fine dell’amministrazione Di Giorgi, il Partito Democratico contava nove consiglieri comunali ed era percepito come la principale alternativa di governo. Oggi, dopo un decennio, si ritrova con soli tre consiglieri, marginale nel processo politico, assente dalle dinamiche sociali, ininfluente nelle scelte strategiche e subalterno a LBC, che dal 2016 esercita nel centrosinistra un’egemonia ideologica e massimalista che non condivido e che considero dannosa.
Nonostante l'uscita dal PD, ha confermato la sua posizione all'opposizione dell'amministrazione Celentano. In che modo intende esercitare questo ruolo da membro del Gruppo Misto?
Restare all’opposizione, per me, significa continuare a vigilare, denunciare le inefficienze, ma anche proporre soluzioni e alternative credibili. L’opposizione è preziosa in una democrazia e anche da lì si può incidere. È quello che intendo fare.
Quali sono i temi prioritari che intende portare avanti nel Consiglio comunale nei prossimi mesi?
Ci sono dei colli di bottiglia storici su cui la politica locale tende a non intervenire per paura di sbagliare. Penso, ad esempio, alla gestione dei rifiuti e di ABC. Io ho le mie idee e le porterò avanti con coraggio: il Comune deve occuparsi di ciò che gli compete — la pianificazione, il controllo, l’indirizzo politico — mentre la pulizia e la raccolta dei rifiuti dovrebbero essere gestite da aziende specializzate, capaci di garantire efficienza e continuità del servizio. Bisogna invertire l’ordine delle cose: non è la governance a fare la differenza, ma la qualità del servizio e la competenza di chi lo eroga. Credo che su questi temi servano chiarezza e assunzione di responsabilità, perché il tempo dei rinvii è finito. Ma guardando oltre le emergenze, penso alle potenzialità ancora inesplorate di Latina. La nostra è una città ricca di talenti, energie culturali e sensibilità artistiche che non trovano sponda nella politica. E invece la cultura può e deve diventare una leva di sviluppo, non solo sociale ma anche economico, capace di ricostruire identità e partecipazione. In Consiglio comunale – così come nelle commissioni – si può incidere anche dall’opposizione, con emendamenti mirati e proposte concrete. Penso, ad esempio, alla manutenzione stradale. Servono una politica di bilancio più coraggiosa e la capacità di incidere sulle entrate per aumentare le risorse destinate a questo settore. In questo senso, il lavoro in Commissione Bilancio sarà fondamentale per ottenere risultati concreti e visibili. Il mio lavoro sarà attento, libero e finalizzato unicamente al bene della città. E non sarà confinato solo alle aule istituzionali: credo che la politica debba tornare a parlare con le persone, ad ascoltarle, a coinvolgerle. Vorrei che i cittadini recuperassero entusiasmo e voglia di partecipare, perché solo così Latina potrà davvero crescere.
Ha parlato di un "ritorno al senso autentico del servizio e della responsabilità" in politica. Come intende tradurre questi valori nella sua attività quotidiana?
Per me la politica è servizio. Tradurre questo principio nella pratica significa essere presenti, ascoltare, e costruire soluzioni insieme alle persone. Non mi interessa la politica fatta di comunicati o di contrapposizioni sterili: credo nella politica di chi dialoga, ascolta, ma poi si assume responsabilità di agire. Ogni scelta che prenderò sarà guidata da un’unica domanda: serve davvero a Latina? Se la risposta è sì, allora vale la pena battersi per quella causa.
In che modo vede il futuro del centrosinistra a Latina e quale contributo pensa di poter dare per un possibile rilancio?
Credo che il centrosinistra a Latina abbia bisogno di una fase autentica di ascolto, apertura e ricostruzione. Serve un nuovo patto tra forze politiche, civiche e associative, capace di andare oltre le divisioni e la sterile polemica contro tutto e tutti. A Latina il centrosinistra oggi vale circa il 30%, e l’unica volta che ha vinto è stato grazie alla frammentazione degli avversari: un episodio che ha generato l’illusione di essere maggioranza. Se resta com’è, al massimo potrà aspirare a replicare quel risultato, ma senza ambizione di cambiamento. Io credo invece che si possa costruire una nuova area di partecipazione, capace di parlare anche a chi oggi non si riconosce più negli schieramenti tradizionali — forse nemmeno nella politica. È lì che può nascere una nuova energia civica e progressista. Intendo lavorare in questa direzione, partendo da un’associazione che sarà il primo passo per un percorso collettivo.
Abbiamo compreso che l’amministrazione di centrodestra di Latina non ha operato bene in questi anni, a suo avviso. Invece della Regione Lazio a guida centrodestra che giudizio dà?
Il mio giudizio si basa sui fatti. Credo che la Regione Lazio, come il Comune di Latina, stia attraversando una fase di discontinuità complessa, in cui le promesse di efficienza e di vicinanza ai territori faticano a tradursi in risultati concreti. Lo si percepisce su tutti i fronti: dalla gestione dei rifiuti alla rete idrica, fino al tema dei temi, la sanità. In questo ambito servono risorse e investimenti reali, perché il problema va ben oltre Latina, pur restando il nostro territorio un punto nevralgico del sistema sanitario regionale, grazie al ruolo del Santa Maria Goretti. Qualche segnale positivo si intravede, come la recente delibera di Giunta regionale del 9 ottobre che destina circa 3 milioni di euro alla sostituzione delle grandi apparecchiature. È un passo nella giusta direzione, ma non basta: ci si augura che rappresenti l’inizio di una vera inversione di tendenza, quella che i cittadini attendono da tempo. La Regione deve tornare a sostenere con più decisione i Comuni e le comunità locali.
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