Dopo anni di oscurantismo quasi totale su una ferita profonda inferta al territorio, rappresentata dall'Anfiteatro, di colpo, in campagna elettorale, la questione torna a far discutere dopo che, per anni, solo il Mlis, si è occupato di uno sperpero milionario, finito anche tra i beni alienabili della Regione. La candidata di Sezze Bene Comune, Rita Palombi, qualche giorno fa ha proposto l'idea del crowfunding cioè la raccolta di finanziamenti volontari da parte dei cittadini) per ripristinare lo stato dei luoghi a prima dello scempio. Il candidato sindaco del Pd Sergio Di Raimo, in un video promo, dichiara: «Vorrei vedere quell'opera incompiuta del Teatro Sacro italiano finalmente realizzata grazie alla sinergia tra Comune di Sezze e privati». Nel suo programma elettorale poi specifica: «L'eco-mostro dell'Anfiteatro, disastro perpetrato durante la breve esperienza di amministrazione del centrodestra, ha segnato profondamente il territorio. Rimediare a tale scempio è ora impresa difficilissima. Il sito non è di proprietà del Comune di Sezze, ma della Regione Lazio. La nostra amministrazione potrà esclusivamente attivarsi nei riguardi della Regione per ottenere un intervento di riqualificazione o verificare la possibilità di ottenere la cessione dello stesso al Comune, compatibilmente con le nostre possibilità di bilancio. Della richiesta di quanto sperperato non ne risponderà l'amministrazione, cioè i cittadini, ma quanti se ne stati all'epoca responsabili». Entrambi, però, paiono non tenere conto di una verità che viene ricordata proprio da un esponente del Mlis, ossia Luigi Gioacchini che sentenzia: «Lo sapranno che l'ecomostro, finché non sarà risolto il contenzioso con la Comunità Europea, è off limits anche per le idee più bislacche?» In effetti, la stessa Commissione Docup che concesse il finanziamento milionario per i lavori, rendendosi conto che il realizzato non è funzionale, ha più volte richiesto indietro quei soldi e ciò rappresenta il primo problema da affrontare, insieme a quello delle responsabilità del parto di un'idea tanto malsana, approvata in Comune, in Provincia e in Regione, prima di azzardare qualsivoglia proposta.