La gestione del credito, attraverso l'eliminazione della lettera "R", torna ad essere "accentrata" da parte dello Stato attraverso il Fondo di Garanzia.
Non sarà più necessario associarsi ad un confidi per ottenere quelle garanzie senza le quali per molte imprese l'accesso al credito sarebbe praticamente precluso.
È uno dei punti dei quali si è parlato di più nei giorni scorsi, contenuto nel Decreto Crescita e che è stato, sin dall'inizio della legislatura, un vero e proprio "pallino" dell'onorevole leghista Francesco Zicchieri che, dopo una serie di tavoli con gli imprenditori delle province di Frosinone e Latina, ha voluto dare impulso ad una delle misure attese da oltre venti anni dal mondo imprenditoriale. Una di quelle misure, non assistenzialiste, che vanno nella direzione di rafforzare le aziende verso la realizzazione dei loro piani industriali. Piani spesso rallentati dalle difficoltà delle banche a concedere finanziamenti non assistiti da garanzie certe e soddisfacenti.
Con l'attivazione della lettera "R" (d.l. 112/98) da parte delle singole regioni, le imprese potevano accedere al Fondo di Garanzia solo associandosi a un confidi e sostenendone i relativi costi. Grazie alla riforma contenuta nel Decreto Crescita questo passaggio è stato eliminato. D'altronde nelle Regioni che facevano ricorso al contestato comma "R" era sotto gli occhi di tutti il calo dell'operatività del Fondo di Garanzia ma soprattutto il continuo lievitare dei costi.
Particolarmente soddisfatto Francesco Zicchieri: «Per favorirne lo sviluppo, il sostegno e in moltissimi casi la ripresa dopo oltre tredici anni di crisi economica che trasversalmente ha interessato tutti i settori economici ritengo indispensabile che le micro, piccole e medie imprese possano usare liberamente tutti gli strumenti esistenti e soprattutto essere informate correttamente sul valore aggiunto di ogni singolo strumento e misura: per questo ritengo oggi più che mai fondamentale una proposta di legge per abolire la Lettera ‘R' della Riforma Bassanini, una norma scritta più di vent'anni fa. Una norma anacronistica, perché pensata prima dell'avvio effettivo del Fondo stesso, e che all'epoca aveva ragione di esistere perché alla garanzia del Fondo non era ancora stata riconosciuta la ponderazione zero sul capitale della banca. Ma oggi la disposizione rischia di avere effetti dirompenti sull'accesso al credito per le imprese, in particolare per quelle di minori dimensioni».
Un cambio di passo sostanziale nella direzione richiesta dalle imprese?
«Ritengo che le misure di sostegno all'attività dei confidi – attori sicuramente importanti per ampliare e facilitare l'accesso al credito delle PMI – trovino una diversa e più appropriata collocazione, con soluzioni efficaci e proporzionate, che dovranno a mio avviso essere riviste in una più ampia riforma della filiera della garanzia, e mai a danno delle imprese. Al riguardo, si rileva che il Governo, anche nell'ambito del recente progetto di riforma del Fondo di garanzia ha significativamente revisionato le modalità di intervento del Fondo, introducendo nuovi e importanti spazi per l'operatività proprio dei confidi».
Una norma che si può definire "non assistenzialista"?
«Una norma, lasciatemelo dire, che guarda alle imprese e basta. Senza altre finalità. Questo paese ha bisogno delle PMI per poter iniziare una seria politica di ripresa e sviluppo. E gli imprenditori coraggiosi, quelli che hanno la capacità di mettersi in gioco in un contesto così difficile, vanno protetti e rafforzati nel perseguire i loro obiettivi e nel realizzare al meglio il proprio business. Questo è l'unico modo per sostenere crescita, sviluppo e occupazione. Senza assistenzialismo. L'imprenditore vero non cerca l'assistenza. Cerca dallo Stato facilitazione e meno burocrazia».