Le elezioni Europee del 26 maggio prossimo hanno tutta una serie di domande a cui l'esito delle urne provvederà a dare qualche risposta. Quella che maggiormente affascina in provincia di Latina è capire quanto davvero sia radicata la Lega nel territorio. E quanti voti è in grado di rappresentare la classe dirigente pontina, che conta un sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon e un deputato vice capogruppo alla Camera come Francesco Zicchieri. Attenzione: il numero da cerchiare il 27 maggio non sarà quello della percentuale del partito in provincia, bensì quello delle preferenze personali del candidato locale, il coordinatore provinciale Matteo Adinolfi. Troppo facile sarebbe puntare sul risultato di lista che, sondaggi alla mano, sarà notevole. Diverso è invece il conto dei voti di preferenza che il partito riuscirà a portare al coordinatore pontino. E' da qui che si capirà quanto valgono i dirigenti locali della Lega. Da Durigon a Zicchieri, passando per Angelo Tripodi fino ad arrivare agli ultimi ex An saliti sul Carroccio, tutti hanno ben presente che all'indomani del voto, passata la sbornia della vittoria abbastanza scontata, si passerà all'analisi dei numeri. E se attorno ad Adinolfi non sarà scattata una elezione o se il risultato pontino sarà al di sotto di quello dei competitor del centrodestra Fratelli d'Italia e Forza Italia, è chiaro che le posizioni di tutti rischiano di finire in discussione. 

Ieri a Latina è passato Matteo Salvini e come sempre è stata una serata di festa, di acclamazioni, di selfie. Ma sottotraccia nella Lega di Latina sanno che anche quello che loro chiamano "Il Capitano" si aspetta un risultato molto positivo sul territorio, a prescindere dal suo traino. Un consenso stimato oltre il 30% rappresenta una responsabilità enorme. I leghisti pontini ne sono consapevoli e devono dimostrare che l'exploit dei sondaggi anche qui da noi non sia ascrivibile a quella tradizione italica del trasformismo, coi reduci di altri partiti in disarmo che si aggrappano al vincente di turno. Anche perché questo sospetto, ai piani alti della Lega, ossia al Nord, è venuto a più di qualcuno. E per sfatarlo è bene dimostrare che quel consenso non è effimero.