La forza delle proprie idee e della proprie ragioni andrebbe espressa con parole misurate, lucide e pacate. Oltre ad essere una regola di buonsenso e un principio fondante sin dalle origini della dialettica antica, è anche il presupposto del Manifesto per la comunicazione non ostile promosso dall'associazione culturale Parole O_Stili di Trieste per veicolare un uso consapevole e responsabile della comunicazione. E' stata la giunta comunale di Latina, su iniziativa degli assessori Di Francia, Leggio e Proietti ad aderire mesi fa a questo manifesto, facendone un simbolo della propria azione amministrativa. Lo scopo era proporre una battaglia culturale contro l'uso di parole ostili e contrastare i danni che producono nel mezzo del «clima avvelenato dalle minacce e dall'ostilità - recita il documento - che si manifesta nella rete e che produce un rumore assordante che impedisce ogni dialettica e persino il conflitto tra idee diverse». La coerenza vorrebbe allora che la stessa maggioranza che approva questo documento, vigili sul rispetto di esso fino al punto di censurare pubblicamente chi lo vìola. Dare l'esempio sarebbe il minimo. E il «fa schifo» del capogruppo di Lbc Bellini rivolto alle tesi di una consigliera, come pure i frequenti sfoghi social di un altro esponente come Gianni Rinaldi, (che imperversa sulla rete bacchettando con toni da bettola stampa e cittadini), dimostrano senza dubbi che qualcosa nella catarsi comunicativa «non ostile» della squadra di governo, sia andato storto. Non è certo la prima volta che il dibattito in aula nella massima assise del Comune scade nella forma e nei toni e non solo dai banchi di maggioranza. Lo sa bene il presidente dell'aula Colazingari, che si sgola da tempo per chiedere ai 32 componenti dell'assise, il massimo rispetto istituzionale dell'aula e del ruolo che ricoprono. I più richiamati in questi tre anni sono stati proprio Bellini, e anche D'Achille, Carnevale e Adinolfi. Ma oggi la comunicazione non ostile è un dovere per tutti oltre ad essere un simbolo riconoscibile di questo Comune. Non si può predicare la necessità di limitare il rumore assordante nell'attuale (e già scadente) panorama sociale e politico nazionale difendendosi dietro l'alibi della retorica politica. Le parole vanno dosate sempre. E in un'aula di consiglio comunale, sotto gli occhi di quella città a cui si vuole dare l'esempio di correttezza e di svolta culturale, ancora di più. Limitando il rumore in casa propria, prima di insegnarlo agli altri.