Tombini scoperti, corridoi creati dalle aiuole diventati impraticabili, giostre rotte e pericolose con chiodi a vista, bottiglie di birra e rifiuti abbandonati, panchine poco distinguibili a causa dell'erba alta divenuta sterpaglia secca, un campetto di calcio fatiscente con reti bucate che resiste perché, si sa, basta un pallone e qualsiasi buco di città diventa uno stadio. Siamo tra il tribunale di Latina e la Procura, il fazzoletto di terra dei luoghi deputati alla giustizia ma che non rende giustizia alla parola quartiere. Solo un ghetto quello che appare alla vista, stretto tra via Ezio e i palazzi rossicci di via Virgilio, laddove la sera le finestre si chiudono una dopo l'altra già alle diciotto, dove i negozi sono sfitti da dieci anni e dove già di primo pomeriggio a frequentare l'area verde sono solo immigrati. Qui l'accoglienza è sempre stata una parola praticata nei fatti e nella storia: tremila persone in fuga dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia nel dopoguerra diedero vita ad una comunità e in seguito a pochi passi di distanza sorse il Campo Profughi dove ungheresi, polacchi, romeni, bulgari approdavano lasciandosi alle spalle storie di vessazioni e diritti calpestati. Un'area che doveva essere al centro del progetto di riqualificazione dei contratti di quartiere, ancora fermi, ma che ha continuato ad ospitare storie di marginalità e abbandono, non ultima la mensa Caritas per i senzatetto. «Qui i residenti si sentono abbandonati – dice Mirco Lungo, presidente dell'associazione Ombre Lucenti - che negli anni si è occupata del decoro del parco, provvedendo a piccoli lavori di manutenzione – c'è stato sempre un forte senso di solidarietà, ma oggi quelli dimenticati, i nuovi profughi siamo noi. Le piante non vengono potate e sono caduti due alberi, i vigili sono venuti a transennare con del nastro già parecchio tempo fa, ma nessuno ha rimosso i tronchi. Un anno fa ci hanno detto che non eravamo autorizzati a tagliare l'erba, ma nessuno del Comune è venuto qui a vedere in che stato stiamo, con un parco impraticabile e indecoroso». Un quartiere che ha sempre vissuto quasi staccato dalla città, come fosse un corpo a sé, da tenere nascosto. Ma che fino a otto-nove anni fa aveva ritrovato un nuovo riscatto con giardini curati, un impianto di irrigazione, giochi nuovi, vigili che stazionavano. Gli anni sono passati ma i problemi restano gli stessi: la composizione degli abitanti è solo in parte cambiata, ma il degrado è quotidiano: di giorno il brulicare vicino di toghe e avvocati che si spegne ai margini della Chiesa dell'Immacolata, di sera un posto dove è meglio non addentrarsi. Anche la piazza dove ogni anno viene deposta la corona ai martiri delle Foibe, offre un desolante biglietto da visita con la fontana vuota e spoglia, erba alta e marciapiedi dissestati. Qui il contratto di quartiere con un progetto da dieci milioni finanziato da Regione e Ministero di cui si parla da dieci anni prevedeva la realizzazione del Centro Amministrativo e Centro Culturale con parco circostante in Via Ezio e la riqualificazione del parco esistente in Via Virgilio. Oggi Comune dopo una querelle giudiziaria si è vista riassegnare il finanziamento recentemente, ma i tempi lunghi restano l'unica certezza. «Invitiamo il sindaco a venire qui e a vedere di persona questa zona – aggiunge il consigliere comunale Massimiliano Carnevale, promotore di un emendamento da 20mila euro che fu approvato con il bilancio e ancora da rendere esecutivo - è indecoroso lasciare un quartiere in queste condizioni. Ci disse che dovevamo abituarci al bello, piuttosto ci siamo abituati in questi due anni al degrado più assoluto».
L'inchiesta
Villaggio Trieste, viaggio nel nuovo ghetto abbandonato a se stesso
Latina - Il quartiere da sempre simbolo dell’accoglienza. Oggi c'è solo erba alta, tombini scoperti, giochi rotti, alberi caduti e mai raccolti