Verso il Centenario
22.09.2025 - 12:10
Per un errore di impaginazione, il testo del servizio "Verso il Centenario" è uscito incompleto. Lo riproponiamo qui corretto. Ci scusiamo con l'autore e i lettori per l'errore.
Quando il truculento Pulp Fiction uscì nelle sale italiane, a dicembre del 1994, Latina era nel bel mezzo del suo shock sanguinario, che aveva lasciato sul campo una decina di morti ammazzati e una scia di fatti delittuosi di grande risonanza, come stupri, rapine e violenze varie. L’allegra città di provincia, dopo i bagordi socioculturali degli anni 80, piombò di colpo nell’incubo della malavita, sorpresa e totalmente impreparata ad affrontare una deriva criminale di vasta portata, abituata per lo più a gestire la piccola delinquenza di quartiere. Fu un brutto colpo, ma il segnale di un cambiamento epocale che in un certo senso, il più nefasto, rivelò lo standard di crescita dei traffici economici della zona pontina, che attirarono la longa mano della camorra e favorirono il proliferare di bande autoctone, pronte a intessere rapporti con le grandi cosche. Le quali, particolare da non trascurare, amano da sempre comandare il gioco e stabilire le proprie insindacabili leggi. Con altrettanti indiscutibili metodi.
Soprattutto la prima metà del decennio, quello che doveva portare Latina al vagheggiato traguardo millenario, fu dominata dal piombo che, secondo la liturgia malavitosa, regola senza mezze misure ogni questione che non può chiudersi bonariamente. Secondo una ricostruzione fatta alcuni anni dopo il quinquennio del terrore (91-95), a cui vanno aggiunti alcuni sporadici fenomeni di recrudescenza successivi, la spirale di eliminazioni cruente, ferimenti e rocamboleschi inseguimenti per le vie cittadine, fu generata in gran parte da questioni riguardanti la spartizione di proventi di rapine e traffici di droga. Latina rimase impietrita di fronte al suo “romanzo criminale”, soggiogata da bande avverse che si sfidarono tra di loro e spesso anche all’interno di esse. Su tutte spiccò quella quasi leggendaria dei cosiddetti “Uomini d’oro”, gli autori del colpo da 5 miliardi di lire alle Poste Centrali (8 maggio del 1991) e altre banche come il Monte dei Paschi e il Credito Italiano.
A fare da sfondo ai delitti che si perpetravano di anno in anno, un mutato contesto di illegalità diffusa che aveva attirato l’attenzione dell’Antimafia e di giudici come Giovanni Falcone, sensibili all’aumento di fenomeni come usura e racket che avevano ormai marcato il territorio (nel 1992 andò a fuoco lo storico Ristorante Il Fioretto, il cui proprietario Nilo Sangiorgi, presidente della Confesercenti, aveva istituito l’SOS Racket). L’allarme era stato lanciato qualche anno prima dal prefetto Orefice, che aveva cominciato ad ipotizzare infiltrazioni camorristiche nel sud pontino, principalmente per fini edilizi e riciclaggio. Un appello che venne clamorosamente sottostimato, in primis dai politici locali che invece erano preoccupati di mantenere il controllo dell’elettorato, esorcizzando le crescenti inquietudini collettive.
La memorabile visita alla città di Giovanni Paolo II del 29 settembre 1991 sembrò solo un miraggio in un clima di preoccupazione e angoscia. La prima volta di un Papa a Latina, quel Woytila che già aveva in vita le stigmate del santo, illuminò una comunità in evidente stato confusionario, che comunque si godette “lo splendido tramonto” allo Stadio comunale così come descritto dal Pontefice dopo la sentita omelia in Piazza San Marco.
La resistenza industriale
Lo scenario funesto con cui Latina si era approcciata al decennio di fine secolo va ricondotto, seppur in maniera tangenziale, al periodo di profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche che interessarono non solo l’Italia ma anche il resto dell’Europa e del mondo. Il traghettamento verso il terzo millennio che gli Anni Novanta hanno consegnato all’umanità non è avvenuto col mare calmo ma in piena burrasca, con una lunga serie di fatti, eventi e innovazioni che hanno ridisegnato confini territoriali, tessuti culturali e in generale il modo di vivere dei popoli. Se a livello globale la Prima Guerra del Golfo (1990-91), antesignana dei conflitti a sfondo petrolifero, ha pesato sull’economia mondiale dipendente dall’oro nero, comportando la prima brusca inversione di tendenza al periodo di benessere finanziario, in ambito europeo fu il Trattato di Maastricht la novità assoluta, che innescò illusorie speranze nei paesi membri. Tra questi anche l’Italia e in particolar modo quella parte dello Stivale che nello stesso periodo si vide privata del sostegno dell’Agenzia (ex Cassa) del Mezzogiorno e che pensò di aver trovato a Bruxelles la nuova mucca da mungere. L’imprenditoria pontina, con a capo le associazioni che la rappresentavano, provò a percorrere la via europeista ma ben presto si accorse che le manne della Casmez erano tutt’altra cosa. Cominciarono i primi traballamenti del circolo economico e occupazionale del territorio pontino: la vittima più illustre in questa fase fu lo Zuccherificio di Latina Scalo che chiuse i battenti nel 1992 dopo 56 anni di attività. Altre aziende del territorio aprirono procedure di mobilità per quasi 500 lavoratori, tra cui la Nuova Mistral, la Nardi, la Yale, la CGC e la Imet. Uno scenario sconfortante, al quale oggi siamo mestamente abituati, ma che vent’anni fa dopo un periodo di benessere prolungato, si manifestò brutalmente. Le concertazioni per affrontarlo stimolarono quanto meno la tenacia degli imprenditori che seppero reagire alla crisi, investendo molto sull’innovazione e sulla internazionalizzazione che il nascente mercato unico in qualche modo imponeva. Assindustria (presieduta da Umberto Klinger) e Federlazio (al capo della quale c’era Renzo Calzati) giocarono molto la carta dell’orgoglio e del principio di sussidarietà. I sindacati al contrario provarono a smentire le previsioni ottimistiche degli apparati imprenditoriali e chiesero la dichiarazione di stato di declino industriale allo scopo di beneficiare degli interventi mirati della CEE. Il teatrino delle intenzioni trovava il culmine ogni fine anno, nel momento in cui il Sole 24 Ore stilava le variazioni sulla classifica della ricchezza dei capoluoghi italiani e relegava Latina sempre più in basso alla graduatoria. Ci si affannò non poco a criticare il sistema giudicante del quotidiano di Confindustria e a conti fatti con ragione. Col passare degli anni, più il Sole ci oscurava, più le lune tornarono favorevoli per l’industria pontina. Dalla seconda metà in poi si registrò un incremento sensibile di fatturato delle piccole e medie imprese e il boom dell’industria farmaceutica, settore trainante dell’economia locale e vero vanto a livello nazionale, con tremila addetti in cinque multinazionali e investimenti in continua crescita. Il tutto fu confermato dai dati reali e inconfutabili della Camera di Commercio che parlarono di ripresa del comparto edile, di crescente numero di giovani imprenditori e dall’acquisizione dei target di qualità delle industrie.
La contrapposizione politica e sociale
A spiccare negli Anni 90 furono soprattutto le contrapposizioni, derivate da cambiamenti politici e sociali che spaccarono la società compatta e uniformata del decennio precedente e frustrarono ottimismo e fiducia reciproca. Dopo il permissivismo degli Anni 80, in cui tutto era concesso, tornarono limitazioni e codici deontologici per riqualificare una deriva culturale i cui danni erano saltati fuori col vaso di Pandora di Tangentopoli. Lo yuppismo segnò il passo e il disciplinante e realistico “metti la cera, togli la cera” diventò così il nuovo must.
Latina non fece eccezione a questa esigenza, quasi improvvisa, d’indottrinamento. Gli Anni 90 si aprirono col bacio accademico. Il 26 novembre 1990 alle ore 11 davanti a 300 matricole si tenne la prima lezione alla facoltà di Economia, gemmata La Sapienza, nella sede provvisoria della sala conferenze del Palacultura. Con i galloni di città universitaria (l’ateneo fu trasferito più tardi in viale Le Corbusier) il capoluogo pontino pensò di aver elevato, per induzione, il proprio grado culturale e guardò famelico ad altri traguardi. Il più agognato, soprattutto dalle sacche progressiste della comunità, fu quello del centro sociale giovanile, che non vide mai la luce soprattutto per l’onda nera che si stava abbattendo sulla città.
Latina, che ad inizio decennio era ancora afflitta da piaghe degenerative come l’eroina e l’AIDS (si moriva con frequenza per entrambi i motivi), ebbe un rigurgito nazionalista che sfociò spesso in episodi di incontrollata violenza. Frange di giovani di estrema destra, quasi tutti appartenenti al Fronte della Gioventù e posizionati in via Eugenio di Savoia alle spalle del Monte dei Paschi, si fronteggiarono spesso con il gruppo anarchico del capoluogo, considerato l’untore della tossicodipendenza cittadina. Le due fazioni avevano facili segnali distintivi nell’abbigliamento e nell’acconciatura: al FDG erano tutti vestiti con jeans stretto, bomber e Dr Martens ai piedi. Il collettivo dei rossi era facilmente distinguibile dal giubbotto di pelle chiodo e dai capelli lunghi. Tra le cronache degli scontri tra i due gruppi, il più memorabile fu quello che si registrò il 21 marzo del 1990 nei pressi della sede del MSI in via Pio VI dove i ragazzi del Fronte erano in riunione. Una banda di capelloni armata di spranghe cercò di fare irruzione, ma respinta sull’uscio, sfociò la propria rabbia in strada, sfasciando motorini, auto, vetrine e tutto ciò che gli capitava a tiro, prima di dileguarsi nei pressi di piazza Moro. Anche l’indole moralizzatrice della destra cittadina ebbe una fase degenerativa: nella seconda metà degli anni 90 prese piede il fenomeno degli skinheads e Latina diventò un caso nazionale per l’aggressione all’imam Ibrhraim El Ghayesh. In un periodo di caccia alle streghe sull’apologia fascista (Berlusconi era indicato in Italia come il nuovo Mussolini) la città ricevette la visita di numerose troupe televisive desiderose di spiegare il fenomeno nella piana bonificata dal Duce stesso.
Al di là delle contrapposizioni tra gli estremismi politici, negli anni 90 altre diverse realtà giovanili si distinsero per mentalità ed estrazione. Se gli anni 80 avevano favorito un unico trend comportamentale e abitudinario, quello dei paninari, e quindi l’accorpamento di un’unica classificazione sociale, il decennio seguente comportò, al contrario, una netta disgregazione e differenziazione tra le rappresentanze di quella generazione. Terminò pian piano la tradizione della vasca, l’andirivieni ripetuto sotto i portici del Corso, e ogni gruppo trovò sede stabile in un preciso posto del centro, il più numeroso dei quali si posizionò nei pressi della cartolibreria Manzoni. Poi c’erano le cosiddette bande che amavano sfidarsi più a livello concettuale che fisico. C’erano i “Warriors”, ispirati al film “I guerrieri della Notte” di età tra i 23 in poi e che si radunavano nei pressi della paninoteca Freesby e che facevano da contraltare ai cosidetti “Orfanelli” di età tra 14 ai 20 anni che facevano la spola tra Palazzo M e la Sala Giochi R6 e che erano sul trend dei “pariolini” con lo Schott, il Barbour e le Timberland a scarponcino o le Caterpillar ai piedi. Giravano tutti su SH 50, Booster e Metropolis e spesso calzavano anche scarpe da ginnastica Air Max o le Reebok pump che si gonfiavano. Tutte mode che stanno ritornando ai giorni d’oggi.
A livello politico locale, gli Anni 90 si segnalano per la fine del dominio della Democrazia Cristiana, spazzata via insieme ai socialisti dalla scure di Tangentopoli, e dall’avvento della nuova destra trascinata dalla prepotente incursione di Silvio Berlusconi sulla scena nazionale. L’elezione diretta del sindaco e i nuovi sistemi elettorali, proiettarono nel 1993 a Piazza del Popolo l’ex repubblichino Ajmone Finestra, coi fantasmi del passato riproposti immediatamente dai suoi avversari ma ben presto rimbalzati con una condotta politica talmente condivisa da meritarsi la rielezione 4 anni più tardi. Furono anni di semina e di qualche raccolto nella difficile prospettiva di trascinare la città al grande salto nel nuovo millennio
Un centro di gravità commerciale
Quando nel 1996 aprì in pompa magna il mega sito di Latina Fiori, il capoluogo pontino raggiunse l’apice della sua espansione commerciale, iniziata nel 1989 con l’inaugurazione del Centro Morbella e proseguita negli anni seguenti con un crescente numero di punti vendita legati alle grandi concentrazioni. Un’indagine della Camera di Commercio dei primi anni novanta rivelò che la sola Latina deteneva un numero di supermercati e ipermercati identico a quello di Frosinone, Viterbo e Rieti messi insieme. Un boom che seguiva il collasso del settore alimentare della Standa, con la chiusura della storica sede di via Diaz, e il passaggio del comparto Silos nel marchio Panorama, ubicato proprio a Latina Fiori. Trasformazioni e novità che stravolsero l’universo degli acquisti e ridisegnarono la mappa cittadina degli affari commerciali. Il contraccolpo per i negozi del centro fu subito evidente, tant’è che non mancarono lamentele congiunte: la Confesercenti parlò anche di concorrenza sleale nel periodo dei saldi e per il dilagare delle vendite straordinarie per rinnovo locale. La controffensiva contro i giganti della grande distribuzione venne portata avanti dall’Associazione dei commercianti del Centro Storico, presieduta da Pina Sorrentino, che si mise all’opera per rivitalizzare la capacità attrattiva del nucleo principale della città. Tra le iniziative più riuscite quella denominata “Negozi in concerto” che dall’8 al 26 luglio 1998 trasformò il tratto tra Piazza del Popolo e Piazza San Marco in un grande palcoscenico naturale con l’esibizione dei migliori gruppi musicali della provincia, amplificati da 35 punti di diffusione sonora installati per le vie della kermesse. In quell’occasione i negozi del centro rimasero aperti fino alle 21. Senza saperlo si era creato il primo accenno di Notte Bianca
GLI ANNI 90 NEL MONDO
8 luglio 1990: i mondiali di calcio disputati in Italia terminano con la vittoria della Germania
2 agosto 1990: Le truppe irachene di Saddam Hussein invadono il Kuwait. Inizia la Prima Guerra del Golfo
23 dicembre 1990: referendum sull’indipendenza in Slovenia. E’ il primo passo che porterà alla sanguinosa guerra civile jugoslava
24 novembre 1991: muore di Aids il leggendario Freddie Mercury, voce dei Queen
6 agosto 1991: nasce il primo sito internet con l’acronimo World Wide Web
7 febbraio 1992: approvato il Trattato di Maastricht. Nasce l’Unione Europea
17 febbraio 1992: con l’arresto di Mario Chiesa scoppia lo scandalo Tangentopoli
23 maggio 1992: muore in attentato a Capaci il giudice Falcone, insieme alla moglie e agli uomini della scorta. A luglio verrà assassinato anche l’altro magistrato antimafia Paolo Borsellino
5 aprile 1994: si suicida Kurt Cobain, leader dei Nirvana e della musica grunge
1 maggio 1994: il campione del Mondo di automobilismo Ayrton Senna muore nel corso del Gran Premio di San Marino
3 dicembre 1994: la Sony immette sul mercato la prima console della serie Playstation
5 luglio 1996: nasce la pecora Dolly, il primo essere vivente clonato da una cellula somatica
31 agosto 1997: la principessa Diana Spencer muore a Parigi in un incidente stradale insieme al compagno Dodi Al-Fayed
5 settembre 1997: muore Madre Teresa di Calcutta
27 settembre 1998: viene inventato Google, il primo motore di ricerca su internet
14 maggio 1998: a West Hollywood si spegne all’età di 83 anni Frank Sinatra, per tutti “The Voice”
9 settembre 1998: Muore a Milano, dopo lunga malattia, Lucio Battisti, uno dei più grandi cantautori italiano
11 gennaio 1999: Se ne va anche Fabrizio De Andrè, altro grandissimo della musica nazionale
3 dicembre 1999: Contestando l’organizzazione mondiale del commercio in riunione a Seattle, nasce il movimento No Global
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione