Il quadro
08.09.2024 - 14:30
«Dopo aver giustamente goduto della notizia del riconoscimento, da parte dell’UNESCO, della “Via Appia Regina Viarum” quale 60esimo sito italiano riconosciuto Patrimonio dell’Umanità è necessario, soprattutto per Terracina, decidere che cosa fare e in che modo». Fabrizio Di Sauro, consigliere comunale di “Terracina Città del Possibile”, vede nel riconoscimento un’opportunità storica, e unica, per la città. «La concreta possibilità - spiega - per riqualificarsi e ridefinire un nuovo modello di sviluppo sostenibile per la comunità locale».
La Via Appia attraversa interamente Terracina da Nord, zona del Ponte Alto, entra nel Centro storico alto e sale fino a Piazza Palatina per poi discendere verso l’Esedra Traianea, a Sud di Terracina, che è il punto di incrocio tra Appia Claudia e Appia Traianea. «Qui si tratta di mettere la testa e le mani, innanzitutto, su quella vasta area di ingresso a Terracina dell’Appia a nord-ovest intorno alla Fonte di Feronia, che è stata indicata come zona cuscinetto perché è necessario (come richiesto dall’ICOMOS) mettere ordine e fare chiarezza tra i beni pubblici e quelli privati e le regole di utilizzazione e di fruibilità dei beni archeologici intorno all’Appia. In questo momento su quell’area c’è solo caos». Poi c’è l’area di pregio dell’Appia che attraversa la Valle. La Valle di Terracina è una delle aree di maggiore valore e significato storico della città perché è nella Valle che è stata fondata e si è insediata la Colonia Romana nel 329 a.C., e sono le migliori terre della Valle che sono state assegnate dallo Stato Romano alle prime 300 famiglie di coloni romani. «Lì lo Stato Romano ha fatto, a sue spese, la centuriazione, la divisione agraria, le strade, i canali di scolo e le abitazioni. Ed è lì, nella Valle, che la città ha acquisito lo status di Colonia e i coloni hanno acquisito gli stessi diritti attivi e passivi dei cittadini romani. In quell’area - sottolinea Di Sauro - c’è ancora la possibilità di realizzare un percorso storico-culturale interamente pedonalizzato (così come previsto dal PUMS di Terracina) e sarebbe un percorso grandioso, equivalente per bellezza paesaggistica e ricchezza storica ad uno dei tratti della Via Appia che partono dalle Porte di San Sebastiano di Roma».
Per il consigliere è assolutamente necessario che tutta quest’area diventi oggetto di un Piano Particolareggiato Esecutivo (PPE) che ridefinisca il quadro urbanistico d’insieme e che stabilisca le nuove norme in merito alla mobilità, alla produttività, alla residenzialità, ai parcheggi, ai servizi, al verde pubblico e agli altri standard urbanistici. «Perché, se ci crediamo davvero, quell’area deve diventare di destinazione urbanistica-archeologica così come lo è il Centro Storico. E in questa nuova prospettiva va affrontato con coraggio il tema della stazione ferroviaria che non svolge più la sua funzione e non c’è nessun programma né progetto di rifunzionalizzazione da parte di RFI. Se liberiamo l’area dal “non servizio” ferroviario possiamo aumentare e riqualificare l’Area Archeologica a rafforzamento di una visione complessiva storico-urbanistica dell’intera città».
Poi il discorso passa al Centro storico alto. «Qui siamo in attesa, da tanti anni, di un aggiornamento al PPE. Si pensi soltanto al versante nord del Foro Emiliano, a destinazione urbanistica-archeologica, con un perimetro che va dalla Torre degli Acso all’Arco Quadrifronte e dal Castello (detto anche Frangipane) alle Mura: ci si deve occupare contestualmente della Casa Torre di Orazio Migliore e del tempio di Vicolo Pertinace, fino al giardino che va a finire sulle Mura che conducono al Castello. Perché quello è tutto un collegamento storico. E ci si deve occupare della zona del Capitolium, che è collegata alla zona di Via Santi Quattro, ad ovest, e al Teatro Romano. Un quadrante archeologico straordinario».
Questione Teatro Romano. Per Di Sauro dopo l’inaugurazione del 11 novembre 2023 non sarebbe accaduto più nulla. «Come inseriamo questo bene con gli altri nella valorizzazione dell’Appia? E poi c’è la questione del Parco Archeologico del Monte Sant’Angelo che potrebbe essere riperimetrato per definire nuovamente una visione d’insieme dell’intero sistema dei nostri beni culturali. Visione d’insieme che deve includere le magnificenze all’interno di Villa Salvini: la Via Appia, le Terme Nettunie, i resti dell’Acquedotto di San Lorenzo, il sito presistorico del Riparo Salvini. Si tratta, insomma, di pensare Terracina come il più grande parco archeologico urbano dopo Roma. Dobbiamo essere all’altezza di questo immenso patrimonio culturale - conclude Di Sauro -. Saremo capaci di valorizzarlo? Vedremo».
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