Un pomeriggio in compagnia di Giovanni Malagò, presidente del Coni, capo dello sport italiano. In un lunedì di fine agosto afoso quanto basta, ma a Palazzo H, Largo De Bosis, c'è una macchina che deve andare avanti, correndo ad alta velocità verso quegli obiettivi che non sono, per forza di cose, figli dei numeri, peraltro positivi, ma di qualcosa di molto più importante: di un cuore e di una pancia pensanti. I lavori del Cio a Lima sono dietro l'angolo. Per la capitale e l'Italia una ferita ancora aperta ma curabile. A patto che la verità non venga distorta. Roma 2024, un lontano ricordo. Il sogno di una città, di una regione, di province importanti, di una nazione sportiva che si sente tradita: colpa di una partita che non ha potuto giocare. «Ho sempre rispettato ogni singolo giudizio - ha esordito Malagò - ma torno a ripetere che la candidatura olimpica non era della città di Roma, ma di una nazione intera, con particolare riferimento alle aree interessate. Penso alle competizioni veliche che si sarebbero svolte a Cagliari, alle città che sarebbero state coinvolte con il calcio, penso soprattutto a tutte le zone vicine a Roma, e parlo in particolare delle province del Lazio, che sarebbero state coinvolte a 360 gradi in questo progetto».
Vogliamo ricordare anche del miliardo e settecento milioni di dollari che il Cio avrebbe erogato nel caso in cui Roma fosse stata scelta e quello che si sarebbe potuto fare con questa ingente somma di denaro?
«Un'occasione persa soprattutto per tutti quelli che oggi in Italia cercano lavoro e lo richiedono anche e soprattutto nel nostro mondo. Un'occasione mancata per alcune categorie, con particolare riferimento alle nuove generazioni, che in ogni settore avrebbero potuto trovare sbocco e, soprattutto, spiegazioni valide alle loro aspirazioni che, oggi, non stiamo qui a nasconderlo, nel nostro Paese sono soffocate sul nascere».
Facile immaginare il beneficio che avrebbero potuto avere le province del Lazio, Latina e Frosinone in primis, vista la loro vicinanza a Roma.
«Enorme, senza ombra di dubbio. Penso per esempio a Sabaudia per canoa e canottaggio, ma a tutte le province più vicine a Roma, che sarebbero state sfruttate da ogni singola delegazione non solo per acclimatarsi e prepararsi all'evento. C'è chi sarebbe arrivato anche un anno prima per fare dei test, per trovare le sedi, testare come detto il clima e quant'altro, portando soldi, lavoro e cultura sportiva».
I comuni del Lazio, quelli che hanno appoggiato Malagò e questa candidatura sino all'ultimo, hanno la sensazione che si sia persa una grande occasione?
«Sì, ma oggettivamente erano impotenti. Da parte loro, soprattutto dell'area metropolitana, c'è stata un'azione fortissima. Tornando all'occasione persa e all'ingente somma di denaro che, come detto, sarebbe stata erogata dal Cio, non posso non pensare al discorso impiantistica e a quello che si sarebbe potuto fare, non solo per Roma, ma per tutti i comuni confinanti».
A completamento di quanto diciamo, il 62esimo posto come pratica sportiva di un comune capoluogo come Latina, che è la seconda città del Lazio dietro Roma Capitale, deve necessariamente far riflettere.
«Io sono il presidente del Comitato Olimpico Nazionale e in Italia ci sono 107 comuni capoluoghi. In una classifica, che ovviamente fa fede, c'è quindi una prima e un'ultima. Di conseguenza, devo prendere atto di questo, ma è chiaro che fa riflettere come la provincia di Latina, che ha oggettivamente degli elementi potenziali a suo favore e a mio avviso enormi, come la vicinanza a Roma, il clima che dà delle opportunità e uno scenario naturale, sia relegata in questa posizione. Non credo che tutto questo sia dovuto in buona sostanza alla volontà dei cittadini di Latina e della provincia, ma piuttosto alla complessità nel riuscire a fare sport in un certo modo. Al di là delle eccellenze, lo sport di base sfocia inevitabilmente in un'attività in parte di emulazione, e quando tu alla base hai impianti idonei, stadio, palazzetto e palestre funzionali, che ti invogliano a fare sport, che ti spingono a imboccare una certa strada piuttosto che altre, i giovani sono anche invogliati a praticare questa o quella disciplina sportiva, hanno un ulteriore stimolo che non releghi la loro attività a un puro e, comunque, sano dilettantismo».
Latina, in questo senso, rappresenta una delle realtà drammatiche in Italia.
«Purtroppo non è la sola. Esiste un fondo sport e periferie per il quale molte regioni non hanno mai fatto richiesta. Sinceramente non posso andare a chiamare uno degli ottomila sindaci ed entrare nel dettaglio, non sarei corretto. Come presidente del Coni cerco di essere disponibile a patto che ci sia la volontà, da parte degli amministratori locali, di dialogare e interagire con il Coni».
Un consiglio al sindaco di Latina?
«Mentre prima lo sport era un elemento marginale, quasi accessorio nel giudizio della cittadinanza e dell'opinione pubblica, oggi è un elemento centrale come lo sono altri servizi, perché non si può prescindere da quella che è l'offerta, da quelle che sono le dinamiche che accompagnano le strutture sportive nei confronti dei cittadini. Oggi la qualità della vita è legata anche a questi parametri. Oggi si sceglie di vivere e di stare in una città se ci sono questo tipo di opportunità».
A Sabaudia c'è un nuovo sindaco, Giada Gervasi, che ha deciso di avvalersi di un personaggio come Alessio Sartori, icona dello sport nazionale e mondiale.
«E' una cosa che è stata molto apprezzata dal nostro mondo, perché ha dimostrato un'attenzione e una sensibilità non comune verso lo sport e nei confronti di una persona che noi stimiamo molto».
Può essere l'inizio di un nuovo giorno per Sabaudia, vista anche la volontà del movimento remiero?
«L'intendimento so per certo che è quello, ma non si può pensare che Alessio Sartori abbia la bacchetta magica e risolva in un amen problemi che passano da sempre da quello che è l'utilizzo, la gestione, la manutenzione di alcuni impianti sportivi. Non basta riempirsi la bocca e dire di stare in un posto bellissimo. Devo dire, però, che c'è già dialogo, partecipazione, ci hanno reso participi di alcuni progetti e quindi da parte nostra c'è solo la volontà di aiutarli».
Il presidente Malagò si metterebbe al tavolo con i sindaci della nostra provincia e regione per spiegare come si può crescere nonostante l'occasione persa di Roma 2024?
«Certo, lo farei con chiunque».