S'intitola "Tempo che va, tempo che viene", il libro di Gabriella Nardacci che sarà presentato nel Castello Baronale di Maenza oggi alle 16.30: interverranno, oltre all'autrice, il sindaco Claudio Sperduti, Giulia Laruffa che ha curato la prefazione, Alessandra Prospero, editore della Daimon che ha pubblicato il testo. L'ingresso è libero. Gabriella Nardacci, insegnante, è nata a Maenza, vive a Roma, e mantiene con il suo paese natale un legame fortissimo. "Tempo che va, tempo che viene" è la sua terza opera, dopo la raccolta di poesie "Parole scalze" e il romanzo "A malapena si vede l'isola di Ponza".

Nell'introduzione al libro l'autrice riporta una frase di Cesare Pavese tratta da "La luna e i falò": "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". Nardacci definisce il suo scritto un lungo racconto: e in sintonia con lei si colloca la prefazione di Giulia Laruffa: "In un contesto storico e sociale come quello che viviamo, in cui l'essere umano non ha più tempo per se stesso e per le cose che lo nutrono davvero, racconti come questo danno il respiro e il senso delle cose che abbiamo dimenticato di possedere.

Spesso viviamo le nostre vite alienandoci da noi stessi e dal nostro bisogno primario di amare e di essere amati, immersi in un tempo che corre veloce perché pieno di niente. 'Tempo che va, tempo che viene' ci riporta in un istante al contatto con i nostri sensi, unici testimoni sopravvissuti di una realtà che forse non ci è ancora sfuggita del tutto di mano, intrisa di un senso di tranquillità dato dalle cose reali che rigurdano l'essenza di cui siamo fatti. In questo senso, l'opera di Gabriella Nardacci è un testo pieno di speranze che come un balsamo curativo riapre lentamente lo sguardo di chi legge... ".
E nella parte finale del libro si legge: "... Giù, in fondo, dritto davanti a me, si vede una stradina che una volta chiamavano 'la stradina del trenino'. E' una fila di casette basse e colorate che sembra un trenino di vagoncini con i finestrini e mi sovviene il ricordo delle giostre che arrivavano nel retro della scuola elementare appena sotto la stradina del trenino. Mi cullo in questa immagine che sa di favola o di un pezzo di pellicola felliniana o di Tim Burton e mi fa bene pensarla. Non riesco a collocarla in nessuna stagione né fuori stagione. La sento possibile... ".