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Oggi il debutto al teatro Belli

Il Gatto Nero di Poe: Clemente Pernarella Esplora l’Amore Distorto e la Violenza

L'intervista al regista Clemente Pernarella: «Un testo sui rapporti deviati ispirato da Poe»

Che cosa c’entra un gatto nero con i rapporti malati e gli amori costruiti su immaginarie visioni e fragili bisogni? Che cosa c’entra l’attualità con uno dei racconti più celebri di Edgar Allan Poe, quel “The black Cat” datato 1843?
Il regista di Latina Clemente Pernarella può risponderci, impegnato a dirigere il testo di Letizia Russo “Il Gatto nero” ispirato proprio al celebre testo del poeta di Boston.

Oggi alle ore 21 è previsto il debutto al Teatro Belli di Roma, con repliche domani 8 febbraio alle ore 19 e domenica 9 in pomeridiana nell’ambito della rassegna Expo dedicata alla drammaturgia contemporanea italiana così cara da sempre a Pernarella.


Tre donne si alternano in scena - Melania Maccaferri, Marta Jacquier ed Elisabetta Anella -, ma protagonista è il gatto già oggetto della violenza del padrone nel racconto di Poe e causa di tutti i mali, qui pronto a raccontarci la storia dal suo punto di vista.

Chi è il gatto nero non sarà difficile scoprirlo, mentre quel sentimento umano che si chiama amore si sgretola sotto il peso dell’abbaglio di una relazione affettiva deviata. Alla vigilia della messa in scena, avviciniamo Clemente Pernarella.

“Tu mi immaginavi e io ti immaginavo. Ma io e te non esistevamo”: è una frase molto forte.
«Sì, come questo testo che apre davvero tantissime finestre. Presentato l’unica volta da Antonio Latella al Teatro Nuovo di Napoli, lo porto in scena nell’ambito di Expo. L’ho scelto perché considero Letizia Russo una tra le più quotate drammaturghe del momento. Il monologo è ispirato al famoso racconto di Poe e rappresenta per me un materiale prezioso sul quale continuerò a lavorare. Edgar Allan Poe rende protagonista un uomo che precipitato in un inferno di dissoluzione per via dell’alcol, narra il rapporto morboso con il suo gatto. Dice di amarlo, eppure l’animale diventa oggetto della sua violenza e strumento della sua rivalsa. È un uomo che furioso si avventerà con l’ascia sui di lui, uccidendo però la moglie il cui corpo nascosto dietro un muro sarà trovato dalla polizia grazie a un lamento, un ‘miagolio’. Letizia Russo racconta questa storia dalla parte del gatto, che con la testa fracassata prova a spiegare la qualità del suo sentimento per quell’uomo, e quanto fosse importante anche il poco amore che riceveva da lui. Il gatto ha amato, e forse ama, per ragioni semplici. Ha scelto per bisogni primari, ha subito violenze e angherie convinto che non fossero prodotte dalla malvagità ma da cause estranee o dal bisogno di essere compresi. È chiara nel testo di Letizia Russo la trasposizione di ciò che nel racconto di Poe resta sullo sfondo: è la donna ad avere subito la violenza. La donna che qui spiega con parole lucide le dinamiche interiori di una relazione tossica».

Un testo che richiama la più drammatica attualità con la quale anche i ragazzi di oggi fanno i conti.
«Non so quanto i tempi siano cambiati dalla nostra gioventù, ma credo che ci sia sempre più isolamento e bisogno incontrollabile di affermare se stessi. Purtroppo lo si fa attraverso la violenza che sfocia nelle relazioni affettive. ‘Il gatto nero’ offre grandi spunti di riflessione, con un finale che direi in linea con la lettura emersa dal famoso intervento della sorella di Giulia Cecchettin. Ad essere chiamati in causa sono gli uomini tutti, perché il carnefice potenzialmente è chiunque in un contesto di errata interpretazione di ciò che è amore, e nel convincimento - e qui arriviamo alla frase che ha citato nella domanda - che una cosa sia vera quando in realtà non lo è, senza accorgersi che lentamente si sta scivolando in un vortice di violenza che diventa la propria vita. È un testo complicatissimo, tra l’altro scritto in versi sciolti. Un primo studio in divenire».

Lo spettacolo è una produzione Effimera Teatro - Lestra, con una squadra affiatata e dal sapore pontino anche dietro le quinte.
«Sì. Le luci sono di Gianluca Cappelletti e le musiche eseguite dal vivo di Stefano Switala. I movimenti di scena, di Barbara Altissimo».
(Biglietti: www.teatrobelli.it)

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