Storie pontine
09.12.2025 - 15:00
Francesco Paolo Russo
Francesco Paolo Russo è un giovane imprenditore originario di Latina, architetto di formazione, oggi fondatore e CEO di To Be Srl — una PMI italiana che ha deciso di puntare su un’idea audace: trasformare la luce in un canale di comunicazione dati. Con To Be, Francesco ha contribuito a spingere in Italia la tecnologia LiFi (Light Fidelity), capace di usare la luce LED per trasmettere dati senza onde radio, rendendo ambienti — da uffici e scuole a musei e ospedali — più “intelligenti”. Negli anni la sua visione è cresciuta: To Be non è più solo “illuminazione”, ma un’idea di smart‑lighting integrato con servizi digitali. Nel 2025 Francesco ha ricevuto il riconoscimento “America Innovazione” per la capacità di mettere in piedi una realtà imprenditoriale innovativa e di impatto. Con lui abbiamo parlato di innovazione ma anche delle difficoltà che molti giovani hanno ad emergere e a far emergere le loro idee.
Puoi iniziare raccontandoci che cos’è To Be e cosa vi ha spinto a puntare sulla tecnologia LiFi?
«To Be è nata da un’intuizione: immaginare un mondo in cui ogni luce potesse diventare anche una fonte di informazioni. Il LiFi, acronimo di “Light Fidelity”, consente di trasmettere dati in modalità wireless tramite la luce LED. È un po’ come il Wi-Fi, ma invece di usare le onde radio sfrutta le onde della luce, che possono andare dall’infrarosso al visibile.
Questa tecnologia permette di fare molto di più che semplicemente trasmettere dati: un corpo illuminante moderno può rilevare la presenza di persone, capire se una scrivania è occupata, fornire geolocalizzazione interna e, naturalmente, offrire una connessione internet stabile. Noi abbiamo visto in anticipo che la luce stava diventando molto più di una semplice illuminazione, e abbiamo deciso di standardizzare e sperimentare queste soluzioni. Dopo alcuni anni di prototipi, siamo riusciti a sviluppare le prime soluzioni commerciali e a iniziare la fase di implementazione sul mercato».
Sei originario di Latina. Quanto ha influito questa città sulla tua crescita e sulla tua formazione professionale?
«Latina mi ha dato tantissimo. Mi sono diplomato al liceo classico e ho giocato a pallanuoto per 19 anni, arrivando fino alla Serie A1 con la squadra cittadina. Lo sport è stata una scuola di vita straordinaria. Poi mi sono spostato per motivi di studio e ho fondato ToBe Srl, ma sono sempre rimasto legato a Latina: appena ho potuto, sono rientrato, ho coinvolto persone del territorio e abbiamo dato vita alla seconda fase della startup, quella in cui siamo entrati concretamente sul mercato.
Anche se oggi la maggior parte delle giornate le passo fuori per lavoro, la mia base resta qui, così come la maggior parte del mio team, che è formato da persone radicate sul territorio. Latina ci ha dato la possibilità di creare un progetto solido e competitivo, senza dover necessariamente andare altrove».
Hai studiato architettura, quindi non vieni da un percorso strettamente tecnico. Quanto conta l’approccio multidisciplinare nella gestione di una società tecnologica come la tua?
«La multidisciplinarietà è fondamentale, soprattutto nelle startup. Un’impresa richiede competenze trasversali e soft skill: leadership, empatia, capacità di ascolto e di visione strategica. La mia formazione in architettura mi ha dato questo: dal calcolo strutturale alla storia dell’arte, dalla sociologia urbana alla progettazione.
All’università ho cercato di unire le mie due passioni, la progettazione e la tecnologia, concentrandomi su progetti legati alle smart city. Spesso chi lavora solo sulla progettazione di uno spazio si dimentica che l’interazione umana con l’ambiente è influenzata anche da elementi invisibili, come la tecnologia, che modificano le dinamiche degli spazi. La mia tesi e i primi passi di ToBe Srl sono nati proprio da queste intuizioni».
In provincia di Latina ci sono anche altre startup. Quali sono le difficoltà principali, soprattutto nel reperire finanziamenti?
«Noi abbiamo avuto il supporto di Lazio Innova, più in termini di accelerazione che di capitali. Qualche anno fa abbiamo raccolto circa un milione di euro da investitori pubblici, come Cassa Depositi e Prestiti, e privati, tra cui Zest, Fondazione Compagnia di San Paolo e Azimut.
Il punto importante è capire che i capitali non hanno frontiere: anche un’azienda di Latina può attrarre investimenti da tutto il mondo. Il problema spesso è mentale, ossia pensare che senza andare a Milano, Roma o Silicon Valley non si possa creare un’impresa di successo. Noi siamo la prova che non è così. Il capitale di rischio è essenziale per finanziare innovazione e crescita».
C’è stato un momento particolare in cui hai detto: “Ce l’abbiamo fatta”?
«Nella vita di una startup ci sono sempre alti e bassi, una vera “montagna russa emozionale”. Negli ultimi due anni, però, abbiamo raggiunto risultati importanti: la raccolta di capitali, progetti per musei, parchi archeologici, ospedali e grandi aziende. Il fatturato è una delle misure più concrete del successo, ma una startup non deve mai sentirsi arrivata: l’asticella si alza continuamente e bisogna puntare sempre più in alto».
ToBe Srl è conosciuta per il LiFi, ma avete altri progetti o ambiti di sviluppo?
«Sì, il LiFi è spesso visto come un’alternativa al Wi-Fi, ma la vera rivoluzione riguarda la luce in generale. Oggi consideriamo l’illuminazione come un’infrastruttura a 360° che può abilitare diversi servizi: sicurezza, automazione, gestione degli spazi, miglioramento dei processi. Non è solo diversificazione, è un’evoluzione del mercato: la luce diventa un servizio in grado di risolvere problemi concreti in vari settori».
Quale consiglio daresti a un giovane con un’idea innovativa che vuole trasformarla in un’impresa di successo?
«Il consiglio principale è avere coraggio e determinazione. Fare innovazione in Italia è difficile, ma la differenza la fanno le persone. Molti giovani hanno idee brillanti ma mancano di costanza: cambiano obiettivi ogni giorno e si scoraggiano alle prime difficoltà.
Bisogna essere perseveranti e credere nei propri sogni. In un territorio come quello pontino, che nasce da una bonifica e da un lavoro di creazione quasi da zero, serve essere quella nuova onda che costruisce una nuova economia e porta innovazione. Ma non bisogna mai mollare e soprattutto credere nelle proprie idee».
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione