La raccolta differenziata pesa. In termini economici oltre che ambientali. Basta guardare l'aliquota provinciale applicata dall'ente della Provincia di Latina (si chiama Tefla, la percentuale da applicare in bolletta relativamente al tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni ambientali) ai Comuni che non arrivano al 30% di raccolta differenziata e decisa con determina del settore bilancio del 10 dicembre 2019. Tra questi ci sono quest'anno Latina, Sezze, Pozza e Ventotene che quest'anno dovranno pagare all'ente di via Costa il 5%, quella che viene chiamata "aliquota funzionale ambientale", il massimo di aliquota d'imposta percentuale da applicare per i ruoli della raccolta differenziata. Una percentuale che è stabilita in base ai livelli di raccolta differenziata effettuata nel 2018 e che si tradurrà in bollette più salate. Si calcola con un sistema molto semplice: meno differenzi, più paghi. E si va da percentuali di riciclo inferiori al 30% a cui si applica il 5% di "tassa"; a livelli tra il 30% e il 40%, per cui si versa il 3%. Chi supera il 50%, paga solo l'1%. Con i soldi introitati (l'aliquota, naturalmente, finisce in bolletta, a carico dei cittadini) la Provincia finanzia le incentivazioni alla raccolta differenziata, che poi vengono trasferite ai Comuni, i quali dovrebbero investire nel miglioramento del servizio. Ques'anno tra i Comuni più virtuosi che pagheranno l'1% ci sono Terracina, Spigno, Sperlonga, Sermoneta, Sabaudia, Roccagorga, Rocca Massima, Prossedi, Norma, Monte San Biagio, Maenza, Lenola, Itri, Formia, Fondi, Cori, Castleforte, Campodimele ed Aprilia. Al 2% si fermano Gaeta, San Felice Circeo e San Cosma e Damiano, al 3% Minturno, Bassiano Cisterna, Pontinia e Priverno mentre la maglia nera spetta a Latina, Sezze e alle isole.
In questo quadro per il secondo anno consecutivo spicca la figuraccia del Comune capoluogo (secondo il sito Abc attualmente al 28,55% di raccolta differenziata) che paga i ritardi e le attuali inefficienze dell'azienda speciale voluta da Lbc, un'eccezione al ricorso al mercato che la maggioranza ha sostenuto fino ad oggi, ma che non ha dato nessuno dei frutti sperati e annunciati. Ad oggi, nonostante la gara bandita per attivare investimenti su mezzi e raccolta, il mutuo da 12 milioni da Cassa Depositi e Prestiti non è stato ancora concesso e in un iter travagliato c'è stato di tutto, dalle modifiche sul contratto alle proteste dei lavoratori fino alle fughe ai vertici aziendali (il direttore generale nuovo si è insediato a novembre 2018). Oggi si pagano gli effetti di quel mutuo non concesso, di quei mezzi al limite della rottamazione, di quella raccolta ancora in fase pre fallimentare. E a pagare, lo certifica via Costa, saranno tutti i cittadini.