E' stato uno dei capitoli economici e gestionali più delicati della storia della città. La metropolitana che doveva collegare Latina alla stazione e il centro ai nuovi quartieri in espansione, destinataria di un contributo Cipe di 81 milioni e 425.000 assegnati nel 2005 al Comune e non ancora revocati a distanza di 15 anni, è rimasta nell'elenco delle grandi illusioni dell'amministrazione di centrodestra. Ora che il tribunale per le Imprese di Roma ha rigettato la domanda di risarcimento di Metrolatina e salvato l'amministrazione da un conto di trenta milioni di euro, gli interrogativi irrisolti in attesa che si dipani anche il filone dell'inchiesta penale, sono molti e sono tutti legati a cosa ne sarà di questi fondi, ovvero il contributo statale a valere sul 58,3% del totale dell'opera da realizzare. Soldi oggi inapplicabili ad un progetto ormai superato. Perché se dal centrodestra fino a pochi anni fa ancora in molti sostenevano la necessità di riprendere in mano le redini di un'opera strategica per l'economia, per lo sviluppo e per i trasporti della provincia, è evidente che questo tipo di mobilità a guida vincolata su gomma che già appariva anacronistico allora, laddove altre città lo sperimentavano da anni, oggi rischia di andare fuori tempo massimo di fronte a altri sistemi di mobilità più gestibili ed economici. Il vero quesito che si apre è piuttosto che cosa farà il sindaco eletto nel 2021 con i soldi della Metro e se riuscirà a rimodulare quel progetto, che oggi è sinonimo di un percorso perdente, trasformandolo in qualcosa di buono. Coletta ci ha provato a ridefinirne le coordinate nel 2017, ma, allo stato degli atti, con ben poca fortuna e altrettanto scarsa concretezza. Il ministero aveva già appreso dell'impossibilità di realizzare l'opera con i presupposti finanziari posti a base del contratto e della volontà di modifica del progetto, e per questo tramite il Dipe di Palazzo Chigi nel 2017 aveva chiesto nuove garanzie da parte del Comune. L'ente rispose con una lunga nota del sindaco per scongiurare il definanziamento imminente del Cipe. «Si potrebbero convogliare quei fondi nello stesso ambito, il trasporto pubblico, ma con un impiego e un contratto diverso» - spiegò Coletta. Le soluzioni prospettate dal Comune per rimodulare il progetto erano due, una definita "tradizionale" prevedeva di realizzare su via Epitaffio semplicemente una corsia centrale per gli autobus nella prossimità delle intersezioni e di riorganizzare il servizio lasciando solo due fermate tra la stazione e il centro allo scopo di aumentare la velocità del tpl a 40Km/h e di ridurre i tempi di percorrenza. La soluzione "innovativa" era quella invece delle navette elettriche che richiedevano una corsia ridotta e riservata. Ma entrambe le possibilità naufraugarono di fronte a un grosso intoppo, come spiegò a fine 2017 l'assessore Giulio Capirci: «La legge è rigida sull'impiego di quei fondi – disse - e non ci permette di deviare da quel tipo di mobilità, potremmo intercettare altri finanziamenti per rendere più veloce il collegamento tra Latina e la stazione ma non tentare di recuperare quelli che erano destinati alla metro». Da quel giorno la linea del Comune è stata attendista nell'attesa che fosse definito il quadro giudiziario in sede civile e penale. Ma il problema resta, come quei soldi in cassa che il Ministero ancora non riprende indietro. Insieme a carte polverose e citazioni in tribunale sono tutto quello che è rimasto del sogno fallito di rotaie e vagoni.
Il fatto
Metro leggera, i fondi del Cipe ancora nelle casse del Comune
Latina - Il tesoretto non è stato revocato dal Cipe, ma non c'è un piano B: ci si interroga su quel che resta