Cinema
17.02.2025 - 16:45
La scelta di girare un documentario che parlasse di morte e lo facesse attraverso la vita che si condensa nell’ultimo tratto del viaggio, richiede coraggio e anche forse un ‘fare pace’ con l’idea della finitezza dell’esistenza con la quale non è mai stato facile venire a patti. Mario Balsamo quel coraggio lo ha da sempre, e lo dimostra anche oggi portando le telecamere all’interno dell’Hospice Anemos di Torino per girare “In ultimo” e scoprire che in una struttura che accoglie il malato terminale per accompagnarlo nel suo viaggio verso il “finale di partita”, è possibile trovare qualche cosa di inaspettato.
Dopo la presentazione in anteprima mondiale alla 42° edizione del Torino Film Festival dove Mario Balsamo è tornato in concorso per la terza volta - la prima è stata nel 2012 con “Noi non siamo come James Bond” risultato vincitore del Premio della Giuria presieduta da Paolo Sorrentino, e la seconda nel 2015 con “Mia madre fa l’attrice”, miglior documentario al Bellaria Film Festival nel 2016 e Nastro d’Argento nello stesso anno a Silvana Stefanini quale migliore attrice -, il regista pontino fa il suo ritorno anche a Latina per incontrare il pubblico al Multisala Oxer la sera del 22 febbraio (ore 21), prima e dopo la proiezione del docufilm. I biglietti sono già in prevendita e possono essere prenotati al link: multisalaoxer.18tickets.it/film/25840
Il film sarà introdotto dal regista Massimiliano Farau, anche lui originario di Latina, legato a Balsamo da una sincera e lunga amicizia. Nell’attesa dell’evento, una notizia ha riacceso i riflettori su questo documentario appena entrato nella long list dei sedici titoli selezionati su 185, dalla quale usciranno le cinque opere che concorrono ai Nastri d’Argento, nel caso di “In ultimo” nella sezione ‘Cinema del reale’.
Una notizia che Mario Balsamo ha accolto con comprensibile gioia.
«Sono contento di essere in gara per entrare in cinquina, anche se non sarebbe una cosa nuova, lo sono stato con ‘Noi non siamo come James Bond’ (indimenticabile la presentazione del film a Latina, sempre all’Oxer, alla presenza di Carlo Verdone ndr) e con ‘Mia madre fa l’attrice’, dove oltre al film entrò in cinquina mia mamma come interprete del documentario e vinse. È un ricordo particolarmente forte adesso che lei non c’è più. Come regista posso aggiungere che il piacere è legato anche alla possibilità di diffondere questo mio lavoro e quindi i temi che tratta. Penso che la realtà degli hospice in Italia vada incrementata, sono strutture importanti che pongono il malato al centro e permettono una morte dignitosa, ‘pacificatoria’ per quanto possa esserlo».
È attualissimo anche il dibattito sul suicidio medicalmente assistito, basti pensare a quanto sta accadendo in Toscana dopo il via libera alla legge da parte del Consiglio regionale, martedì scorso. Qual è la sua opinione?
«Io sono per l’autodeterminazione della propria morte, quindi sono favorevole a una legge che permetta il suicidio assistito ma solo dietro capillari e approfonditi accertamenti. Lo dico anche in considerazione che al momento il suicidio assistito è una scelta per ‘ricchi’, e ciò comporta che chi non può permettersi tale scelta agisce in altre forme ‘terrificanti’, fuori da qualsiasi modalità protetta e controllata. Detto questo però, torno sulla realtà degli hospice che mi affascina moltissimo. Sono luoghi dove si muore meglio».
L’avevamo lasciata lo scorso novembre con la domanda se avrebbe portato “In ultimo” a Latina, e adesso c’è la data.
«Tornare a Latina è sempre piacevole, è l’occasione per confrontarmi sulla mia arte cinematografica ma anche sulle tematiche sottese con persone che mi conoscono. Molti sono amici di gioventù e tanti lo sono diventati attraverso i miei film. E poi Latina, nel bene e nel male, resta la mia città».
Che reazioni ha suscitato “In ultimo” tra il pubblico?
«Fino ad oggi abbiamo avuto tre proiezioni al Torino Film Festival, e la risposta è stata gratificante. La prima, alla quale ero presente, è stata molto sentita e ho avvertito una fortissima commozione. In sala c’erano anche quattro familiari dei due personaggi protagonisti. Mi hanno ringraziato».
In fondo, ha reso in qualche modo i loro cari eterni?
«Li ho voluto rendere simbolo di tutti quelli che sono dentro l’Hospice. Anche al Cinema Greenwich di Roma l’accoglienza è stata ottima. Considero ‘In ultimo’ un film trasversale, interessa le persone addette ai lavori ma anche chi direttamente e indirettamente ha vissuto quelle stesse esperienze».
Prodotto dalla torinese La Sarraz Pictures di Alessandro Borrelli, “In ultimo” ha come protagonista principale il medico palliativista Claudio Ritossa che con straordinaria empatia svolge il suo lavoro presso l’Anemos di Torino, e quando ne esce si dedica al giuardinaggio: le piante e gli alberi, all’interno di un solo anno, mostrano in fondo le tappe naturali della vita, esattamente come le diverse età dell’uomo.
«Sarà lui - conclude Mario Balsamo - a guidarci lungo questo viaggio nel cuore di un mondo dove tutte le maschere cadono. Durante il film utilizzo delle inquadrature così lunghe da mettere a dura prova lo spettatore e lo faccio volutamente, proprio per fare capire che lì dentro la percezione del tempo cambia. È un tempo diverso. Più denso. Un tempo sacro».
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