04.10.2025 - 16:00
Dal reel “This Footage Does Not Exist in the Real World” che ha richiamato l’attenzione di registi e cineasti nel mondo, alla vittoria conquistata al Reply AI Film Festival con il suo corto “Love At First Sight” premiato da Gabriele Muccino, la vita di Jacopo Reale è improvvisamente cambiata. Proprio come in un film.
Montatore di professione e nome già apprezzato ad alti livelli nel suo settore (ha lavorato per la Walt Disney, per Rai Cinema, Sky Arte, Rai Storia e collaborato con Marco Spagnoli, Alessio Liguori, Ciro De Caro e altri grandi registi), Jacopo nasce a Formia, cresce a Gaeta e attualmente vive a Fregene. Dal trionfo dello scorso febbraio, è considerato uno dei massimi esperti in materia di video generati con l’AI. Lo abbiamo intervistato.
Sembra proprio che “Love At First Sight” abbia trasformato la sua vita.
«Lo ha fatto sì, e inaspettatamente. In verità è una lunga storia. Ho iniziato ad avvicinarmi all’Intelligenza Artificiale nell’ottobre del 2024. Avevo appena finito di montare un film per la Warner Bros e mi ero preso un momento di pausa perché mia moglie era incinta, stava per nascere Nicole. La voglia di capire qualcosa in più in merito alla generazione di immagini in AI mi stuzzicava, ben consapevole dei ritmi di evoluzione velocissimi che riguardano l’Intelligenza Artificiale. Se mi passa il termine, direi che l’ho ‘beccata’ nel momento in cui stava evolvendo la parte video, con la possibilità di animare frame creati con Midjourney. Accadeva cioè qualcosa che fino ad allora si riteneva fosse impossibile fare. Una circostanza ‘preistorica’. La domanda che il Cinema doveva porsi era dunque questa: se posso creare con il computer immagini che sembrano un film e posso farle muovere, da qui a un anno che cosa accadrà? Mi sono messo quindi a creare immagini che sembravano fotogrammi di film e le ho trasformate in pochi secondi mettendole insieme con un certo ritmo, ma senza storia. Era dicembre 2024. All’interno del reel ho inserito in inglese una domanda: Will generative AI transform how we make movies? L’AI cambierà il modo in cui facciamo i film? Consideravo strano che in Italia e in Europa si parlasse solo dello sciopero negli Stati Uniti degli sceneggiatori rispetto alla scrittura, e mai dell’immagine. Dopo un giorno che il video è andato in rete, è diventato subito virale, e nell’arco di una settimana ha raggiunto circa 26 milioni di visualizzazioni».
È che cosa è accaduto dopo?
«Ho avuto una visibilità pazzesca, che non mi aspettavo. Il lavoro del montatore è apprezzato dallo sceneggiatore, dal regista ma in pochi, all’esterno del settore, sanno veramente qual è il nostro ruolo, le ore di discussione che ci sono dietro un film, l’importanza che riveste il selezionare una quantità enorme di materiale, l’impegno nella ricostruzione, nello scegliere, nel sottrarre. Questa premessa per dirle che quella del montatore è una figura chiave, e sarà una delle figure che maggiormente dovrà adattarsi alle sfide dell’AI. Pensate solo che per ogni cosa che si ha in mente di realizzare, la quantità di possibilità visive è enorme. Se immagino una pecora che bela, genero novanta pecore e comincia qui il mio lavoro di selezione. Ne scelgo cinque, e tra queste ci sarà quella che utilizzerò per il montaggio. Esiste quindi uno strumento che permette di generare varie possibilità dell’idea, e un montatore potrà anche capire quali immagini non girate possano invece impreziosire un racconto».
Torniamo al video da 26 milioni di visualizzazioni.
«Quel video mi ha portato una notorietà inaspettata. Sono stato improvvisamente contattato da cineasti italiani e internazionali, invitato a convegni e festival. Mi volevano conoscere, volevano sapere come si gestisce la filiera della produzione. Mi ha avvicinato addirittura Sebastian Strasser, regista pubblicitario tra i maggiori al mondo. La mia quotidianità si è trasformata in un attimo».
E come ha reagito?
«All’inizio mi è apparso tutto molto complicato, perché ognuno di noi si identifica con la professione che svolge, e io mi sono ritrovato nel ruolo di esperto di qualcosa che maneggiavo da soli pochi mesi, ma proprio in virtù del mio mestiere ero riuscito a entrare in questo universo e a creare un video capace di suscitare interesse e riflessioni» .
E poi arriva una telefonata dalla Cina.
«Mi contatta la compagnia della piattaforma Kling AI, che avevo utilizzato, e mi dice che doveva lanciare il suo modello 2.0. Aveva selezionato tre esperti nel mondo, e uno dei tre ero io. Mi lasciavano carta bianca: ‘Fai quello che vuoi!’. Io avevo già in mente una storia che volevo sviluppare per conto mio. Nasceva da un ricordo reale: mia madre che guardando una natura morta di Giorgio Morandi si mette a piangere, e me bambino che non capisco il perché di quelle lacrime. Sono sempre stato incuriosito dalle emozioni. Avevo immaginato una ragazza che osserva il dipinto di un vascello ottocentesco che si schianta sugli scogli, e raggiunge quel luogo con l’immaginazione tornando indietro nel tempo. Ho modificato la storia. Nasce così l’idea di un pastore e del timido sguardo che rivolge a una ragazza in bicicletta. Le due intuizioni si sono infine unite per generare ‘Love at First Sight’, il cortometraggio che ha trionfato al Reply AI Film Festival: il pastore legge un libro, viene osservato da una ragazza, sogna una storia d’amore e alla fine scopriamo che è lei a guardarlo in un quadro».
Un realismo incredibile quel video, e la sfida vinta di trasmettere emozioni con l’Intelligenza Artificiale.
«Sembra proprio di sì, a giudizio di Gabriele Muccino e dell’intera giuria del festival. L’AI può essere una cosa orrenda che ci fa paura, oppure un aiuto meraviglioso. È come avere un collaboratore con cui sviluppare un rapporto di comprensione reciproca, ma non dobbiamo dimenticare che è uno strumento al servizio di chi lo utilizza. È chiaro che l’empatia la crei con te stesso. Per il cortometraggio ho lavorato molto sull’estetica. Ho creato prima le immagini fisse, poi ho dovuto animare il fotogramma - nel mio caso il primo piano del ragazzino con i capelli rossi - e raccontare all’AI il carattere del mio protagonista. Kling mi ha restituito l’anima del personaggio, ma sono io che ho fornito alla piattaforma le parole chiave per creare l’emozione ricercata».
Come si posiziona invece di fronte a problematiche come l’autenticità di un prodotto, l’integrità artistica, la protezione degli artisti?
«Non ho competenze legali per rispondere in merito alle questioni legate ai diritti, penso però che se genero una immagine che è identica a un fotogramma di un film e dico che è mia, questo sì che è un problema; ma se l’AI attinge a un miliardo di fotogrammi di film e rielabora qualche cosa di diverso dal punto di vista creativo, secondo me è qualcosa di fattibile, non così differente da ciò che accade in molte professioni. Penso che stiamo andando verso un’educazione culturale che è una nuova alfabetizzazione video. Secondo me tra pochi anni i bambini delle elementari, quando saranno chiamati a scrivere un tema dovranno creare anche un video. Muccino, parlando di Intelligenza Artificiale, a Venezia ha affermato che viviamo un momento equivalente a quello che è stato il passaggio dal muto al sonoro, che in termini cinematografici è verissimo, ma in termini comunicativi siamo di fronte al passaggio che c’è stato con l’invenzione della stampa che ha creato possibilità divulgative prima inesistenti. Produrre immagini sarà nel dna di tutti sin dall’infanzia. È questo il nuovo linguaggio, sono queste le frontiere della comunicazione».
Che cinema ama Jacopo Reale?
«Le storie brevi, fatte di niente, di sguardi, di timidezza. Storie con al centro una relazione. Essenziali. Emozioni che nascono dall’osservazione. Tra immaginazione, sogno e realtà».
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