Il caso
20.06.2021 - 16:30
Un ruolo determinante, nella scelta condivisa col suocero, deve averlo avuto certamente Andrea Pradissitto. Prima di tutto perché da qualche mese, quando era stato raggiunto dal provvedimento di arresto per l'omicidio di Massimiliano Moro, con la pena ormai agli sgoccioli aveva ricominciato ad assaporare la libertà, benché soggetto al regime di vigilanza. Insomma, tornare in carcere, oltretutto in alta sicurezza vista l'accusa di omicidio aggravata dal metodo mafioso, deve avere influito e non poco: al resto hanno pensato sicuramente i familiari, unico elemento di contatto, indiretto, con Ferdinando Furt. Senza dimenticare un fattore tutt'altro che secondario, dato che decidendo di collaborare con la giustizia, Pradissitto ha seguito le orme dell'ex amico Renato Pugliese, colui che lo ha introdotto nel mondo della criminalità da giovanissimo: una scelta che ha osteggiato a lungo, ma in cuor suo deve averlo attratto.
Le dichiarazioni di Andrea Pradissitto possono quindi rappresentare un ulteriore sostegno per quanto ricostruito finora dai magistrati sulla base delle rivelazioni dei primi collaboranti, ma non solo. Avviato alla criminalità dallo stesso Moro, proprio al fianco di Pugliese e altri giovani emergenti, non ha perso l'occasione per compiere il salto di qualità con l'affiliazione ai Ciarelli, tramite il matrimonio con Valentina, giurando fedeltà a una famiglia che non ha esitato a schierarlo in prima linea quando è arrivato il momento di dichiarare guerra alle fazioni opposte: dopo avere tradito Moro, partecipando all'agguato del 25 gennaio 2010, due mesi dopo impugnò la pistola, insieme a Simone Grenga, suo omologo nella famiglia di Luigi Ciarelli, per regolare i conti con Fabrizio Marchetto, una vendetta fermata appena in tempo dalla Polizia.
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