Il caso
28.06.2024 - 11:00
«Devo essere sfrattata e finire a vivere dentro un’auto, perché si accorgano che quell’assegno di inclusione mi serve per sopravvivere?». È questo il grido di aiuto di una donna di 58 anni di Latina, a cui è stata interrotta l’erogazione del sussidio che le garantiva la possibilità di poter avere un tetto sulla testa e che adesso, in assenza dell’aiuto, non sa come poter andare avanti.
Giovanna (nome di fantasia) sono circa cinque anni che non lavora, nonostante la continua ricerca. «Nella vita ho svolto diverse mansioni - ci racconta - oggi sono disoccupata. Ho figli, che hanno la loro autonomia e la loro famiglia, non voglio e non posso dipendere da loro».
Il dramma di Giovanna, che è lo stesso di tanti e tante altre, inizia nel momento in cui gli assistenti sociali le hanno interrotto l’erogazione dell’assegno di inclusione. «Prima percepivo il Reddito di Cittadinanza - spiega - poi ho fatto domanda per l’assegno di inclusione, che l’Inps ha accettato. Dopo due mesi, però, mi è stato interrotto perché, dicono gli assistenti sociali, non ho i requisiti». Nello specifico, Giovanna non rientra nella cosiddetta categoria protetta, perché attualmente dispone di una casa, in cui risiede in affitto. «Ho preso casa a Latina, ma in una zona molto periferica, perché altrimenti non potrei permettermi l’affitto neanche con l’assegno (paga 350 euro al mese, ndr.). Ho paura di finire a vivere in auto». Un caso che si ripropone, dunque, che vede persone indigenti i cui requisiti non sembrano essere sufficienti per ottenere gli aiuti dello Stato.
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