Cronaca
25.07.2025 - 07:31
Una rissa violenta, scoppiata nel cuore di Rovigo, si è trasformata in tragedia. Nella serata di sabato 19 luglio 2025, i giardini delle Due Torri, a due passi da piazza Matteotti, sono stati teatro di uno scontro sanguinoso tra gruppi contrapposti, conclusosi con l’omicidio di un giovane cittadino tunisino, G.A., e il ferimento grave di un suo connazionale, F.M. A distanza di pochi giorni, la Procura della Repubblica di Rovigo ha fatto luce sui responsabili, disponendo cinque fermi d’urgenza per omicidio aggravato, tentato omicidio e rissa aggravata.
A comunicarlo è stato il Procuratore della Repubblica, Manuela Fasolato, che ha sottolineato la gravità dei fatti e la tempestività delle indagini, coordinate dalla Procura e condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Rovigo, con il supporto delle squadre mobili di Latina e Chieti. I cinque indagati sono stati fermati nella giornata del 24 luglio: due a Rovigo, uno ad Aprilia (provincia di Latina) e due a Torino di Sangro, in provincia di Chieti.
Tra loro figura H.A., accusato del delitto di omicidio aggravato dalla premeditazione, per aver colpito mortalmente G.A. con un frammento di bottiglia di vetro, causandogli uno shock emorragico per lesioni epatiche e toraciche. Gli altri indagati — T.M.Q., R.T.U., A.A., R.S. — sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio aggravato in concorso anomalo, tentato omicidio e partecipazione alla rissa.
Secondo la ricostruzione accusatoria, il tragico episodio del 19 luglio sarebbe stato una reazione organizzata a un’aggressione avvenuta due giorni prima, il 17 luglio, quando T.M.Q. era stato colpito con una bottiglia da G.A. e da altri soggetti di nazionalità tunisina e marocchina, riportando lesioni giudicate guaribili in dieci giorni. A seguito di quel primo episodio, il gruppo composto da cittadini pakistani avrebbe pianificato un’azione di “rappresaglia”, culminata nella rissa fatale di sabato sera.
I cinque fermati sono indagati anche per aver preso parte a una rissa caratterizzata da intenti lesivi reciproci, aggravata dal fatto che durante lo scontro uno dei partecipanti ha perso la vita e un altro ha riportato lesioni gravissime. Le indagini hanno rivelato che i soggetti erano armati di bottiglie rotte e oggetti contundenti, e che uno degli indagati indossava un passamontagna per rendersi irriconoscibile, un dettaglio che, secondo la Procura, dimostra l’intenzionalità premeditata dell’azione.
Nel dettaglio, il giovane tunisino F.M., ferito durante lo scontro, è stato colpito con più fendenti al fianco destro e nella parte superiore del corpo. A causare le lesioni sarebbero stati H.A., T.M.Q. e A.A. Quest’ultimo, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe sferrato un ulteriore colpo che ha portato a una ferita penetrante all’addome, giudicata talmente grave da mettere in pericolo la vita della vittima. Solo il tempestivo intervento dei soccorritori ha evitato che l’aggressione si trasformasse in un secondo omicidio.
La Procura ha contestato a R.S. e R.T.U. il concorso anomalo nei reati di omicidio e tentato omicidio, pur non avendo materialmente eseguito i colpi. La loro partecipazione attiva alla rissa, caratterizzata da violenza e uso di armi improprie, è stata considerata sufficiente a giustificare il coinvolgimento nei delitti più gravi. Tutti gli indagati sono stati associati in carcere in attesa della convalida del fermo da parte del giudice per le indagini preliminari.
L’inchiesta, che ha suscitato forte allarme sociale, mira a chiarire l’intera dinamica dei fatti e a individuare eventuali altri partecipanti. Il procuratore Fasolato ha rimarcato che l’intervento della magistratura si è reso necessario anche per garantire una corretta informazione all’opinione pubblica e alla comunità locale, fortemente scossa da quanto accaduto in una delle aree più centrali della città.
Gli sviluppi futuri dell’indagine potranno chiarire ulteriori responsabilità e delineare i contorni di un fenomeno — quello delle faide tra gruppi giovanili — che non può essere sottovalutato. La Procura ha sottolineato l’efficienza e la rapidità della collaborazione interforze, che ha permesso in pochi giorni di assicurare alla giustizia i principali indiziati, localizzati in tre diverse regioni.
Con questo intervento, la giustizia ha dato un segnale fermo e deciso nel contrasto alla violenza urbana, riaffermando il principio che nessuna forma di giustizia privata o vendetta può trovare spazio in una società civile. Ora la parola passa al giudice, che nei prossimi giorni dovrà decidere sulla convalida dei fermi e sull’eventuale applicazione di misure cautelari.
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