Il caso
18.10.2025 - 08:15
«Ero tornato a casa da mezz’ora, non di più. Mia figlia era passata qui davanti da qualche minuto, abbiamo sentito un botto fortissimo, ha tremato tutto. È stata una questione di minuti, avrebbe potuto ammazzarla, era qui poco prima che esplodesse tutto». Racconta così Sigfrido Ranucci quanto accaduto nella serata di giovedì 16 ottobre all’esterno della sua casa di Campo Ascolano, a Pomezia. Una bomba che ha squarciato il silenzio, un chilo di esplosivo che poteva uccidere. Piazzato tra i vasi vicino alle auto del giornalista e di sua figlia. Un evidente messaggio intimidatorio nei confronti del conduttore della trasmissione tv Report che riprenderà con la nuova stagione la prossima settimana, domenica 26 ottobre.
Impossibile non pensare che dietro ci sia proprio il lavoro di Ranucci, le inchieste di Report. «Non posso dire molto, primo perché non posso rilasciare interviste secondo perché c’è un’indagine in corso. Posso dire che ci sono stati episodi che ho puntualmente denunciato» prosegue il giornalista che poi aggiunge: «Dico soltanto che c’è un clima generale di isolamento e di delegittimazione nei miei confronti e di tutta la squadra di Report». Il giornalista è stato ascoltato dai magistrati dell’antimafia, che hanno preso in mano le indagini. I figli di Sigfrido Ranucci hanno detto poche ma importanti parole: «Paura? No, non più di prima. Siamo orgogliosi di papà».
Paura, invece, hanno avuto i residenti della zona, di Campo Ascolano. L’esplosione è stata particolarmente forte e in tanti hanno compreso che non si trattava di un semplice petardo. Ma qualcuno fa notare come altre esplosioni ci fossero state anche nei giorni precedenti. Col senno di poi, sembra quasi che gli attentatori abbiano fatto una prova generale del’attentato.
L’ordigno rudimentale che ha danneggiato le auto di Ranucci fuori la sua abitazione a Pomezia, non è stato azionato a distanza o con un timer ma è stato lasciato, presumibilmente con la miccia accesa, tra due vasi esterni alla villetta. In zona non ci sono telecamere ma gli inquirenti stanno vagliando quelle più vicine al fine di trovare la persona col cappuccio notata da un testimone. Un uomo che transitava in auto ha detto di aver visto nella serata di giovedì questa persona con un cappuccio della felpa in testa e l’ha notata perché «faceva caldo ed era strano che indossasse un cappuccio e una felpa».
In base ai primi risultati delle indagini, inoltre, non è escluso che chi ha posizionato l'ordigno rudimentale abbia seguito gli spostamenti del giornalista e il percorso seguito per rientrare nella villetta. Nelle vicinanza dell'abitazione è stata trovata una auto rubata tanto da far intervenire gli artificieri. Ma stavolta, per fortuna, non c’era alcun ordigno.
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