Il fatto
25.11.2025 - 11:00
La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è una questione di dati oltre che di riflessione. L’aumento delle denunce per i reati del codice rosso dice molto, ma è il contenuto delle denunce che colpisce ancora di più. Ieri la Uil provinciale ha snocciolato un po’ di numeri: 82 donne uccise nel Lazio tra il 2019 e il 2025; 68 casi si sono registrati a Roma e provincia, 9 nel nostro territorio, due a Frosinone e Viterbo, uno a Rieti.
Soltanto a Latina nel 2024 i casi di donne maltrattate sono stati 426, in aumento rispetto ai 360 del 2023; il 2025 segna finora un andamento «in linea» con gli anni scorsi, purtroppo. Lo spaccato delle violenze sulle donne viene rimandato con terribile precisione nei procedimenti giudiziari ed ha un contorno di parole utilizzate dagli aggressori che sono oltremodo violente. Frasi che rappresentano un vulnus ulteriore di reati già di per sé abbietti e perpetrati in genere contro soggetti molto fragili, spesso indifesi.
Vocaboli offensivi si ritrovano quasi sempre nei procedimenti per violenza sessuale e, soprattutto, per maltrattamento e stalking. Una moglie-compagna o ex tali, quando viene picchiata si sente anche dire «p..., t..., devi morire, ti butto giù dal balcone a te e ai tuoi figli, sei una vacca (se è sovrappeso), sei un essere inutile nella società, schiava, portami da bere» e via così…. In generale questo tipo di frasi rappresenta la prova del maltrattamento se registrate o se scritte sui messaggi degli stalker e a tutti gli effetti sono una lesione psicologica forse persino più grave del vulnus fisico.
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