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Cronaca

"Estorsione? No, io non li conosco nemmeno". L'accusa cade

La vittima ritratta in aula. In tre erano accusati di avergli estorto 750 euro

Palpeggiata, mentre fa il bagno in mare, dall'ex compagno della zia

Nessuna estorsione, sarebbe arrivato anche a negare di conoscere i tre soggetti imputati e accusati, appunto, di avergli estorto soldi contanti e di aver costretto la sua fidanzata a consegnare alla figlia di uno dei tre, una vettura.


Un colpo di scena che non solo non ha convinto la pubblica accusa, ma che potrebbe portare a nuovi risvolti visto che lo stesso pubblico ministero sembra aver chiesto l’acquisizione della testimonianza per valutare un’accusa di falsa testimonianza oppure la possibilità che il teste, parte lesa, possa essere stato avvicinato e minacciato, il che potrebbe permettere all’accusa di acquisire alcune dichiarazioni rese dallo stesso in tempi non sospetti in cui riferiva di temere per la propria incolumità e chiedeva il trasferimento in un’altra cella. Sì perché vittima e presunti estorsori erano detenuti nella stessa cella.


Si è svolta ieri in Tribunale a Latina, l’udienza di un processo a carico di tre soggetti, Marco Ranieri di 60 anni, Daniele Scibé di 46 anni e Alex Ciccolini di 30 anni (la figlia di Ranieri è stata già condannata con rito abbreviato per il ruolo in questa estorsione) accusati di aver estorto ad un altro detenuto con cui condividevano la cella nella casa circondariale di Cassino, la somma contante di 750 euro, consegnata dalla sua fidanzata nelle mani della figlia di Ranieri. Un debito per droga che avrebbe portato ad una serie di minacce. Nella precedente udienza, era stata la fidanzata della vittima per prima a negare ogni cosa, le minacce, le richieste e la consegna di soldi. E ieri anche la vittima ha fatto un incredibile dietro front.
E’ arrivato a sostenere che ai tempi dei fatti era pesantemente dipendente da farmaci e droghe, ma di non aver preso pasticche o altri farmaci da qualcuno. non solo. Avrebbe anche negato di ricordare, oggi, con chi condivideva la cella a quei tempi. Negato di conoscere Ranieri o Scibè.
Una versione che ha, quanto meno, poco convinto il pubblico ministero che ha ricordato al teste, ascoltato in video conferenza dal carcere, la possibilità di essere chiamato a rispondere di falsa testimonianza. Per questo al termine dell’udienza il pm ha chiesto di acquisire, sulla base dell’ipotesi di una testimonianza falsata da possibili minacce, le dichiarazioni pregresse della vittima, ma l’avvocato Stefano Iucci (che rappresenta Scibé insieme al collega Giudetti, nel collegio difensivo che conta anche l’avvocato Vitelli) come tutte le altre difese, ha contestato l’acquisizione delle dichiarazioni e la richiesta di far entrare nel processo parole dette ancora prima dei fatti contestati, per una ipotesi di induzione a dichiarare il falso sulla base di minacce, non essendoci alcun elemento a supporto di questa ipotesi, e il collegio ha condiviso tale eccezione permettendo l’acquisizione di quanto dichiarato solo per la contestazione della falsa testimonianza.
In aula ieri è stato anche ascoltato un ufficiale della Polizia penitenziaria chiamato a riferire su una serie di accertamenti svolti in quel periodo che riportavano alcune telefonate in uscita da un telefono, intestato ad un immigrato, che avrebbe agganciato le celle del carcere. Elementi che indicherebbero la presenza di un telefono all’interno del carcere con il quale, qualcuno, avrebbe contattato la compagna della vittima. Per l’accusa sarebbe un elemento a sostegno del fatto che l’uomo abbia contattato l’allora fidanzata per chiederle di consegnare i soldi.
E così l’udienza è stata aggiornata al prossimo 9 aprile quando saranno escussi gli imputati e poi si passerà alle eventuali richieste di condanna dell’accusa.

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