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Il caso

Omicidio Grossi, la difesa contrattacca: morte non causata dalle botte

I due imputati ammettono soltanto il pestaggio che era avvenuto il 9 giugno scorso nell'abitazione dell'uomo poi trovato morto in casa

carcere via aspromonte latina

Hanno risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, ammettendo soltanto il pestaggio ma non di aver causato il decesso di Antonio Grossi, il 63enne giardiniere di Fondi che morì il 9 giugno scorso, sei giorni dopo la brutale aggressione subìta al bar “Centrovalle” di Lenola dal 42enne Nico Carroccia e dal 25enne Matteo Quinto, entrambi difesi dall’avvocato Giancarlo Vitelli, che sono stati arrestati giovedì dai carabinieri della Compagnia di Terracina perché indiziati di omicidio preterintenzionale aggravato.

Davanti al gip, nella Casa circondariale i Latina, il difensore ha contestato che le botte, per quanto brutali, non hanno determinato il decesso dell’uomo avvenuto sei giorni dopo. Nico Carroccia avrebbe spinto via da una panca fuori dal bar il 63enne mentre Matteo Quinto si sarebbe “limitato” a sferrare tre pugni in testa e un calcio al costato.

Il motivo del pestaggio, com’è noto, è stata la conseguenza del comportamento della vittima che stava importunando i baristi e alcuni clienti dell’attività. La difesa ha anche aggiunto che il referto del pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Fondi non accenna a un problema alla milza di Antonio Grossi dopo l’aggressione, così come sottolineato dall’esame autoptico eseguito dal medico legale Maria Cristina Setacci. I sanitari del pronto soccorso - secondo il legale dei due arrestati - avrebbero evidenziato solo una frattura al polso.

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